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🎧”Porto Azzurro, un carcere illuminato”, la storia e l’esperienza al centro di un convegno a Firenze

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🎧"Porto Azzurro, un carcere illuminato", la storia e l'esperienza al centro di un convegno a Firenze
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Il convegno, patrocinato dalla Regione Toscana e dall’Ordine degli Avvocati, affronterà il tema della detenzione e della possibilità di una gestione virtuosa degli istituti penitenziari, partendo dall’esperienza del carcere di Porto Azzurro e dalle testimonianze dirette delle personalità presenti. Intervista di Chiara Brilli a Cosimo Giordano, ex direttore del carcere di Porto Azzurro

L’obiettivo è quello di approfondire quanto appreso dall’esperimento detentivo non convenzionale di Porto Azzurro, ripercorrendone le tappe prima e dopo la rivolta del 1987 insieme ai protagonisti della sua storia, per condividere le prospettive di miglioramento della qualità della vita all’interno delle carceri, con alcuni degli attori della realtà carceraria passati e presenti.

Interverranno: Cosimo Giordano Direttore del Carcere di Porto Azzurro nel 1987 (AUDIO), Antonella Tuoni Direttrice del Carcere di Sollicciano a Firenze, Antonietta Fiorillo Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze ai tempi del sequestro di Porto Azzurro, Silvio De Luca Procuratore presso la Corte d’appello di Bologna. Con i saluti istituzionali di Stefania Saccardi Vicepresidente della Regione Toscana e Amelia Vetrone Presidente dell’Associazione Il Gomitolo Perduto. Moderazione di Mimma Dardano politiche sociali, sanità e servizi sociali del Comune di Firenze.

Pur essendo ricordato per l’episodio del sequestro, il Carcere di Porto Azzurro – diretto in quegli anni da Cosimo Giordano – emerge ancora oggi come esempio di “carcere virtuoso”: la struttura si è distinta per le iniziative innovative volte a promuovere la riabilitazione e il reinserimento sociale dei detenuti, proponendo addirittura programmi straordinari quali concerti, tavole rotonde e grandi eventi aperti al pubblico. A Porto Azzurro, l’attenzione non era concentrata esclusivamente sulla detenzione, ma anche sulla formazione e sulla riqualificazione; venivano offerti progetti educativi che fornivano opportunitĂ  di apprendimento, consentendo ai detenuti di acquisire nuove competenze e certificazioni, preparandoli per una transizione piĂą agevole nel mondo del lavoro al momento del rilascio. Inoltre, la promozione dell’arte e della cultura all’interno del carcere contribuivano a stimolare la creativitĂ  e a favorire un ambiente piĂą positivo, così come la collaborazione con realtĂ  esterne e il coinvolgimento della comunitĂ  circostante, scongiuravano l’isolamento sociale dei detenuti. Questo approccio aperto ha favorito la responsabilizzazione dei detenuti, la maggior parte dei quali ha poi preso le distanze dalla rivolta, chiudendosi autonomamente nelle proprie celle per tutta la durata del sequestro.

Il carcere di Porto Azzurro ha dimostrato che una visione progressista e umanitaria può trasformare il sistema penitenziario, creando un ambiente che aspira a riformare e reintegrare i detenuti anziché limitarsi a punire. Questo modello di carcere virtuoso offre una speranza di cambiamento e ispira a riconsiderare le pratiche carcerarie in tutto il paese.

“L’esperienza gestionale dell’istituto di Porto Azzurro torna alla ribalta dopo 36 anni.” Sono le parole di Cosimo Giordano, ex direttore del carcere di Porto Azzurro. “Provoca in me un sentimento di soddisfazione e insieme di rammarico per il modo in cui si concluse. Tengo a ribadire che il carcere illuminato fu possibile solo grazie all’apporto di persone eccezionali come il Presidente Margara, il Procuratore Generale Gratteri, l’assessore alle Politiche Sociali Benigni e il Senatore Gozzini, con l’apporto determinante del Magistrato di Sorveglianza dott.ssa Fiorillo, senza la quale molte iniziative non sarebbero state possibili. Un ringraziamento particolare rivolgo a tutto il personale civile ed allora militare che abbracciò con entusiasmo il modo nuovo di vivere il carcere”. 

“Questo convegno, si inserisce perfettamente tra i temi e le attività che stanno più a cuore alla nostra Associazione, che ha come finalità e scopo la pratica, la valorizzazione, e la diffusione dei valori della legalità, della giustizia e della sicurezza.” ha commentato Amelia Vetrone, Presidente del Gomitolo Perduto “La cronaca ci riporta continuamente episodi collegati alla vita delle carceri nel nostro paese che spesso rischiano di diventare stalli inerti in attesa del completamento della pena. Poiché l’attenzione del Gomitolo Perduto è soprattutto rivolta verso di chi, all’interno della nostra comunità nazionale, è maltrattato e marginalizzato, accendere la luce e aprire una riflessione profonda partendo dalle buone pratiche di un carcere illuminato come fu quello di Porto Azzurro sotto la guida di Cosimo Giordano, risulta una missione che riteniamo particolarmente significativa. Non posso che ringraziare a nome mio e di tutta l’associazione gli eccezionali ospiti che hanno deciso di unirsi a noi per collaborare in questo intento e condividere la propria esperienza.”

“La situazione delle carceri in Italia è tristemente nota a tutti” dichiara Mimma Dardano, consigliera per le politiche sociali, sanità e servizi sociali del Comune di Firenze “Per esempio, i dati ci rivelano che nel 2022 i suicidi negli istituti di pena sono stati ben 85, in netto aumento rispetto al 2021, che la sofferenza psicologica dei detenuti è molto forte e spesso gestita con abbondante uso di psicofarmaci, per la maggior parte dei casi dovuta ai problemi di sovraffollamento, di mancanza di prospettive, di isolamento sociale, di limitato Accesso ai servizi sanitari mentali. Davanti a questo panorama, emerge lampante quanto il ruolo dei direttori delle carceri possa essere cruciale nel determinare le sorti e il benessere dei carcerati. Porto Azzurro è un esempio di carcere illuminato proprio come scritto nel titolo del Convegno, perché malgrado le circostanze per le quali oggi è più comunemente ricordato, rimane uno degli esempi di gestione virtuosa di un Istituto di pena, in un’ottica di reintegro sociale, di crescita personale e di nutrimento intellettivo per tutti i detenuti. Un luogo dove il confine tra dentro e fuori era stato eliminato per coinvolgere la comunità circostante all’interno della vita del carcere, in virtù di una visione lungimirante del suo direttore. Io credo fermamente che questo approccio possa essere una guida per tutti dalla quale partire, anche alla luce della cronaca della rivolta del 1987, che avrebbe potuto avere esiti molto differenti, se non fosse scaturita all’interno di un ambiente di benessere complessivo e di tranquillità che hanno caratterizzato la vita a Porto Azzurro in quel periodo.” 

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