In una lettera inviata alle istituzioni locali e nazionali i membri dell’associazione imputano ai due le responsabilità della situazione del Buzzi Lab, laboratorio di analisi dei tessuti per conto terzi, fiore all’occhiello della scuola che da settembre funziona a singhiozzo ed è attualmente chiuso.
L’Associazione ex allievi dell’istituto tecnico industriale Buzzi di Prato, che conta oltre 700 iscritti, chiede le dimissioni del preside della scuola Alessandro Marinelli e del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale toscano Ernesto Pellecchia. In una lettera inviata alle istituzioni locali e nazionali i membri dell’associazione imputano ai due le responsabilità della situazione del BuzziLab, laboratorio di analisi dei tessuti per conto terzi, fiore all’occhiello della scuola che da settembre funziona a singhiozzo ed è attualmente chiuso.
“Non ci resta altro che chiedere di conto a chi sta calpestando la memoria del passato, il presente del Buzzilab e soprattutto il futuro dei ragazzi e di una parte fondamentale del distretto industriale della nostra città – si legge nella lettera -. La nostra associazione chiede di sapere chi ha dato questo preciso ordine. Ci appelliamo quindi alle associazioni di categoria e alle istituzioni cittadine e regionali a focalizzarsi in maniera coesa su quanto sta succedendo al Buzzi, agendo di conseguenza e mettendo fine a questa incresciosa situazione. Chiediamo le dimissioni” di Marinelli e di Pellecchia “e chiediamo inoltre agli organi competenti di verificare se ci siano gli estremi per formalizzare una richiesta danni per il loro operato, dopodiché ci rimetteremo tutti a lavoro per cercare di rimediare ai danni fatti”.
Sulla vicenda della chiusura del Buzzi Lab è intervenuta anche Confindustria Toscana Nord secondo la quale “l’azzeramento di fatto, a ora, del Buzzi Lab rappresenta un danno incalcolabile sia per il distretto pratese sia la scuola stessa. Non bisogna dimenticare che il denaro che le imprese pagavano per le analisi finiva in gran parte nel bilancio del Buzzi, che da quelle entrate, un miraggio per la quasi totalità delle scuole italiane, ha tratto benefici consistenti”. “Le istituzioni scolastiche sembrano non aver capito cosa quella scuola rappresenti per Prato, non solo dal punto di vista pratico e materiale ma anche in termini identitari e di affezione”.