A Prato stanno venendo mobilitati i parlamentari del territorio per rendere possibile l’integrazione normativa ai fini del riuso dell’acqua depurata per tutti gli scopi, non solo quelli industriali. Il tutto sarebbe possibile grazie all’impianto misto unico in Italia.
Prato sta lavorando per portare avanti il riuso di 10 milioni di metri cubi d’acqua depurata, ma per ora non vi è ancora una norma che consenta di farlo. Quello di Prato è infatti un caso unico in Italia, si tratta di un impianto misto ed ora il Comune ha iniziato a mobilitare i parlamentare eletti nei collegi pratesi per promuovere degli interventi di integrazione normativa.
Proprio stamattina si è tenuto un incontro on-line del sindaco Matteo Biffoni, al quale hanno partecipato i parlamentari eletti nel territorio Giovanni Donzelli, Marco Furfaro, Chiaro La Porta, Erika Mazzetti e Simone Spezzano su delega del sottosegretario Silli. Insieme a loro era presenti anche il presidente di Gida gestore del servizio Alessandro Brogi e anche il professor Leonardo Borsacchi del Pin, il polo universitario pratese.
Una nota riferisce che i parlamentari “hanno risposto con collaborazione istituzionale e unità d’intenti per ottenere l’integrazione della normativa nazionale sul riuso delle acque depurate, così da poter impiegare i 10 milioni di metri cubi annui messi a disposizione da Gida per tutti gli scopi possibili oltre a quello industriale”. Si è parlato anche di aspetti tecnici “utili affinché il recepimento a livello nazionale della normativa europea non precluda in alcun modo il riuso delle acque depurate dall’impianto pratese”, al centro di un forte distretto industriale.
“Prato – ha sottolineato Biffoni – ha contribuito concretamente a redigere la normativa europea sull’economia circolare e in particolare sul riuso delle acque depurate. Oggi che questa viene recepita in Italia dobbiamo fare pressione sul ministero dell’Ambiente affinché le acque depurate nell’impianto di Gida possano essere utilizzate per scopi diversi da quello industriale”.
Il professor Borsacchi del Pin e l’ingegnere Daniele Daddi di Gida hanno spiegato che l’attuale Dpr non tiene conto della qualità dell’acqua depurata ma del tipo di impianto dal quale proviene. Non contemplano quindi il caso pratese, ovvero quello di un impianto misto come quello Gida, che recepisce acque sia civili che industriali. I tecnici della società hanno inviato le osservazioni al ministero dell’Ambiente.
“Come Gida siamo già pronti e disponibili a affinare sempre di più il livello di depurazione delle acque anche per consentirne un uso irriguo – ha spiegato il presidente Alessandro Brogi -. Per fare questo è però necessario che la normativa nazionale preveda la possibilità per un impianto come il nostro di utilizzare questo patrimonio di acqua depurata. In questo momento siamo un caso unico in Italia, gli unici probabilmente già pronti a partire”.