Lun 23 Dic 2024
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ToscanaCronacaProcesso Magherini: motivazioni Cassazione, morte non prevedibile da carabinieri

Processo Magherini: motivazioni Cassazione, morte non prevedibile da carabinieri

La morte di Riccardo Magherini – l’ex calciatore morto in strada a Firenze il 3 marzo 2014 per arresto cardiocircolatorio dopo essere stato ammanettato e messo prono dai carabinieri mentre era “in delirio eccitatorio” per “intossicazione da cocaina”- non era “prevedibile, perchè le forze dell’ordine non avevano le competenze specifiche in materia” di arresto di persone in tale stato. Così la Cassazione spiega perché, meno di due settimane fa ha assolto i tre carabinieri imputati per il decesso di Magherini.

Ad avviso degli ‘ermellini’, i carabinieri – per evitare la morte della vittima mettendolo seduto perché respirasse meglio – “avrebbero dovuto prospettarsi e prevedere in concreto un quadro di conseguenze dannose per l’organismo umano che solo il sapere scientifico entrato nel processo attraverso approfondite perizie mediche ha poi reso note”. Ma questo tipo di ‘previsione’, scrive ancora la Cassazione, “non era esigibile” dai carabinieri che intervennero
“in quel ristretto arco temporale rispetto al quale si è fondato l’addebito omissivo e in cui si trovarono ad operare”.

Magherini fu immobilizzato prono per tredici minuti dall’1,31 all’1,44 nella notte del tre marzo 2014 quando smise di respirare. In base alle numerose testimonianze delle persone presenti che filmarono la scena del drammatico ammanettamento, l’ex calciatore disse anche “sto morendo” ma nessuno gli diede retta pensando che fosse una delle sue “affermazioni deliranti”. Solo il 13 marzo divenne operativa la nuova circolare dell’Arma che metteva al bando le “immobilizzazioni protratte”.

Nell’agire dei rappresentanti delle forze dell’ordine intervenuti a fermare Riccardo Magherini, “si registra” un “solo atto violento non giustificato”, i due calci sferratigli quando era già a terra – e “contenuto” dai quattro carabinieri – dal militare Vincenzo Corni. Lo sottolinea la
Cassazione.

In primo grado i tre cc erano stati condannati – dal Tribunale di Firenze, il 13 luglio 2016 – a sette mesi di reclusione ciascuno il maresciallo Stefano Castellano e l’appuntato Agostino Della Porta, a otto mesi l’appuntato Vincenzo Corni. Erano invece stati assolti un quarto carabiniere, Davide Ascenzi, e gli operatori del 118 – Claudia Matta, Janeta Mitea e Maurizio Perini – arrivati per prestare soccorso a Magherini che giaceva rantolante e allertati dai carabinieri che avevano chiesto un’ambulanza con un medico per sedare l’ex calciatore che ritenevano pericoloso. In seguito, la Corte di Appello fiorentina, il 19 ottobre 2017, confermò le condanne e accogliendo in parte il reclamo delle parti civili, elevò il risarcimento per i familiari della vittima, tra i quali il figlio.

L’unica “similitudine” tra la morte del giovane Federico Aldrovandi, deceduto a Ferrara il 25
settembre 2005 dopo essere stato arrestato e immobilizzato per strada da agenti della polizia, e la morte di Magherini è che “anche in quell’occasione, dei rappresentanti delle forze dell’ordine furono richiesti di intervenire su strada, come purtroppo sempre più spesso accade nelle nostre città, perché c’era un giovane che dava in escandescenze sotto l’effetto di sostanze stupefacenti”. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni dell’assoluzione dei tre carabinieri accusati della morte di Magherini.

Per La Cassazione però a Ferrara l’azione dei poliziotti “si sviluppò con modalità violente: Aldrovandi venne aggredito fisicamente dai quattro poliziotti, i quali lo percossero ripetutamente con l’uso di manganelli e calci. Schiacciato a terra il ragazzo, i quattro agenti continuarono a infierire sull’Aldrovandi che si dibatteva: uno lo colpiva con il manganello, altri due lo tenevano schiacciato, mentre un quarto lo continuava a percuotere”.