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“Resistere” chiude la quinta edizione di “Nel Chiostro delle Geometrie”

Matteo Coluccia, Fare un'immagine di tanto in tanto, Performance, 2018. Courtesy the Artist and LOCALEDUE.

Domani, 2 ottobre, nel Cortile e Chiesa di Santa Verdiana  a Firenze alle ore 21:00 si chiuderà la rassegna “Mettete dei fiori nelle vostre Visioni” con quattro performance a cura di Pietro Gaglianò.

“Resistere” è la performance con cui giungerà al termine la quinta edizione della manifestazione estiva Nel Chiostro delle Geometrie, ideata da Teatro Studio Krypton. Una rassegna lunga tre mesi che si è confermata  per la sua peculiarità e singolarità progettuale un punto di riferimento molto seguito ed affollato da giovani e pubblico variegati, nel cuore del quartiere di S.Ambrogio e soprattutto in un luogo quasi nascosto, segreto ai più e di notevole fascino, incastonato  all’interno del DIDA  /dipartimento di Architettura dell’università  fiorentina : la chiesa di Santa Verdiana.

Fortemente centrato su arte ed architettura ,il progetto 2018 cala il sipario portando in scena nell’ultima serata  la performance ,un curatore grande conoscitore di questa disciplina, Pietro Gaglianò e quattro giovani e validi artisti di questa area. Gli artisti coinvolti sono Matteo Coluccia (1992), Stefano Giuri (1991), Daniela Pitrè (1984) e Gianluca Trusso Forgia (1993); contestualmente alla formazione accademica hanno seguito percorsi di approfondimento sulla performance e hanno realizzato diverse azioni individuali e di gruppo, oltre ad aver partecipato a progetti di affermati artisti italiani attivi in questo ambito.

“Resistere” è un progetto dedicato al tempo presente: un momento storico in cui l’assunzione personale di responsabilità è un atto irrinunciabile, e deve essere un appassionato esercizio di produzione di senso. Resistere vuol dire indicare la persistenza di un’alternativa possibile che per essere coltivata ha bisogno, oggi più che mai, dell’immaginazione. Quattro artisti di recente generazione interpretano con la performance il conflitto in corso tra l’individuo e la sfera del potere, innescando con la forza del corpo la dinamica per una contronarrazione.

PIETRO GAGLIANO’

Laureato in architettura, critico d’arte e curatore, approfondisce l’analisi sulla linea delle libertà individuali, delle estetiche del potere, della capacità eversiva del pensiero critico e del lavoro artistico. I suoi principali campi di indagine sono i sistemi teorici della performance art; il contesto urbano, architettonico e sociale come scena delle esperienze artistiche contemporanee; l’applicazione delle arti alle questioni dell’emergenza geopolitica. Ha curato progetti speciali e mostre in Italia e all’estero. Da anni sperimenta formati ibridi dello spazio di verifica dell’arte, in cui esperienze di laboratorio e formazione si innestano sul modello tradizionale della mostra e del convegno.

Stefano Giuri, 1991, Neviano. Attualmente vive e lavora a Firenze, dove si è laureato all’Accademia di Belle Arti. La sua ricerca si è da sempre focalizzata sui processi sociali e culturali che prendono forma nella spera pubblica, tra spazio privato e pubblico, tra la memoria personale e collettiva con la cognizone che in ogni in memoria individuale si compongono i segni, tracce e modelli connessi alle epoche, alla storia, ai contesti culturali. Traducendo questi gesti, forme intime di rilettura dello spazio. Nella sua pratica artistica l’interesse è rivolto a differenti linguaggi come performance, fotografia, video e scultura.
Tra le sue ultime partecipazioni: The Stray Statue Paradox, Il paradosso della statua randagia a cura di Gabriele Tosi, The end of the new, a cura di Paolo Tuolutti, Center in Galerija 774, KAPSULA, Ljubljana, This is the end, a cura di Elena Magini, Centro Luigi Pecci, Prato, Studio Visit, a cura di Pietro Gaglianò, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno.

Matteo Coluccia (Neviano, 1992) vive e lavora tra Firenze e la sua città natale. Affianca alla formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze numerosi percorsi progettuali e pedagogici, incentrati sulla performance e sul lavoro nello spazio pubblico. Tra le sue mostre recenti: TU35 – FIRENZE#2 “VITRINE”, a cura di Trial Version e Špela Zidar con Pietro Gaglianò, Officine Giovani, Prato, 2015 / FUORI USO – AVVISO DI GARANZIA a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Simone Ciglia, Ex tribunale, Pescara, 2016 / THIS IS THE END a cura di Elena Magini, Centro Pecci, Prato, 2017 / THE STRAY STATUE PARADOX, a cura di Gabriele Tosi, SACI Studio Arts College International, Firenze, 2017 / STUDIOVISIT – INCONTRI, VISIONI, CONVERSAZIONI SU ARTE E POLITICA, a cura di Pietro Gaglianò, Casa Giovanni Mannozzi, San Giovanni Valdarno, 2017 / FARE UN’IMMAGINE DI TANTO IN TANTO, a cura di Gabriele Tosi, Localedue, Bologna, 2018.

Daniela Pitré nasce a Cagliari nel 1984. Vive a Firenze, dove si è diplomata nel 2016 in Nuovi Linguaggi Espressivi all’Accademia di Belle Arti, con una tesi sul dono dal titolo: Dono, Scambio, Baratto, uno stile di vita vivere senza soldi. Dal 2012 ha iniziato a interessarsi di performance. Nel 2017 partecipa a This is the end, a cura di Elena Magini, Centro Pecci di Prato e al progetto di Chiara Mu I cercatori d’oro, a cura di Pietro Gaglianò, Monterchi (AR).

Gianluca Trusso Forgia. Dopo essersi diplomato all’accademia di Belle Arti e aver conseguito un Master in arte tecnlogica e performativa alla UPV di Bilbao, attualmente segue il Biennio in Arti visive e nuovi linguaggi espressivi all’accademia di Belle arti di Firenze. Nel 2015 inizia il suo approccio con arte performativa anche grazie ad alcuni membri dei Medalha d’ouro; collettivo che risedeva e attuava nella città di Lisbona, città dove Gianluca Trusso visse per poco più di un anno. Ha collaborato nella realizazione di alcune opere con artisti come Yan Xing, Luigi Presicce, Filippo Berta e Loredana Longo.
Le azioni spesso simili a fatiche titaniche di Gianluca Trusso cercano di instaurare una cultura della fatica che carica di tensione il processo creativo e desacralizza il fine. L’inutilità di gesti estremi restitusce dei concetti in continua riformulazione che non pretendono un riconoscimento universale. La componente della lotta è, oltre ad un dinamico senso metaforico, un canale comunicativo utilizzato in questo caso per tradurre concetti impoveriti dal linguaggio

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