Lo rileva all’ANSA il professor David Fanfani, docente di tecnica e pianificazione urbanistica alla facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, parlando del deposito Eni di Calenzano, teatro dell’esplosione al deposito di carburanti che ha fatto cinque vittime e feriti il 9 dicembre.
In un contesto metropolitano del genere” come quello tra Firenze e Prato “è difficile trovare un sito dove non solo ci siano i requisiti di localizzazione, ma anche la disponibilità della popolazione ad accogliere un impianto come questo. E’ un territorio molto fragile, con grande densità di popolazione, di infrastrutture e di corsi d’acqua anche. Vedo degli elementi di grande complessità”. Lo rileva all’ANSA il professor David Fanfani, docente di tecnica e pianificazione urbanistica alla facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, parlando del deposito Eni di Calenzano, teatro dell’esplosione che ha fatto cinque vittime e feriti il 9 dicembre.
Fanfani ne parla riguardo al dibattito in corso sulla pericolosità di tale impianto, che è situato in un’area densamente popolata, e sull’ipotesi di ripensare la sua collocazione altrove o di ridurne le funzioni.
Inoltre “questo deposito – aggiunge il professor Fanfani – viene approvvigionato da una condotta”, un oleodotto, “che viene da Livorno e questo pone un altro problema di carattere territoriale. È necessario aprire una procedure di valutazione che non escluda nulla, non darei per scontato la possibilità di rilocalizzare questo impianto. Non è impossibile, ma non è scontata”.
Il professor Fanfani spiega inoltre che “in genere questi impianti deposito sono sottoposti a una valutazione d’impatto ambientale in ragione della potenza di carattere nazionale o regionale”, ma la “direttiva Ue sull’impatto ambientale è della fine degli anni ’70 quindi è successiva alla costruzione dell’impianto Eni” di Calenzano, “all’epoca non c’era valutazione d’impatto ambientale”.