Le prove del processo per l’omicidio di Roberta Ragusa reggono “certamente un processo di natura indiziaria” tuttavia “la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado” ha resistito, il movente omicidio è economico, marito aveva un amante e interessi finanziari con la moglie.
Quello ad Antonio Logli, condannato anche in appello a vent’anni di carcere per l’omicidio e la distruzione del cadavere della moglie Roberta Ragusa è stato “certamente un processo di natura indiziaria” tuttavia “la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado” ha resistito anche nel procedimento d’appello che ha confermato la condanna. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza appena depositate dai giudici fiorentini.
Secondo la corte d’appello, al di là di “talune inesattezze” ravvisabili tra le diverse testimonianze “il compendio probatorio non risulta significativamente sminuito, data la assoluta complementarietà e convergenza degli degli elementi indiziari e logici che nella doverosa osservazione globale del dato probatorio conducono a risultati di confortante certezza”.
Per i giudici fiorentini è “del tutto fantasioso e illogico pensare a un allontanamento volontario” di Roberta Ragusa “che sarebbe improvvisato, non programmato o preparato in alcun modo neppure per garantirsi nell’immediato i mezzi e le risorse più strettamente necessari per la sopravvivenza e tanto meno per porre le basi di una, per quanto improbabile, parallela esistenza lontana dall’ambiente di provenienza”.
Da qui la conclusione che non solo su Logli grava “una lunga serie di indizi convergenti e rilevanti in ordine all’omicidio della moglie” ma anche che la sua difesa non ha formulato “alcuna alternativa ricostruzione globale della vicenda che ne esclusa la responsabilità”.
Il movente che ha spinto Antonio Logli a uccidere la moglie Roberta Ragusa è sostanzialmente economico. Lo affermano i giudici della corte d’appello di Firenze nelle motivazioni della sentenza che in secondo grado ha confermato la condanna dell’uomo a vent’anni di carcere per omicidio e distruzione di cadavere.
La Corte d’appello rileva che “la coppia Logli-Ragusa versava da tempo in irreversibile stato di crisi matrimoniale a causa della protratta relazione del marito” con Sara Calzolaio (la giovane dipendente dell’autoscuola di famiglia ed ex baby sitter dei figli della coppia) e che “gli interessi economici dei coniugi erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili vista la partecipazione in forma societaria all’attività di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita”.
Inoltre, la donna, secondo anche le testimonianze raccolte, “aveva preso in considerazione l’ipotesi della separazione” che, concludono i giudici fiorentini, invece “era avversata dal Logli che ne temeva i contraccolpi economici nonostante fosse pressato anche dall’amante”.
Infine, secondo la corte “il diritto al silenzio” di Logli in tutta la fase processuale “certifica semplicemente la sua rinuncia a fornire la sua versione ma non indice sulla assoluta assenza di alternative letture della vicenda” e il mancato ritrovamento del corpo di Roberta Ragusa “impedisce di verificare con quale mezzo sia stato cagionato l’evento morte ma non esclude certo che l’omicidio si sia realizzato e a opera dell’imputato, anzi rafforza per quanto possibile il quadro indiziario”.