San Casciano dei Bagni, protetto per 2300 anni dal fango e dall’acqua bollente delle vasche sacre, è riemerso in questi giorni dagli scavi del comune senese un deposito votivo mai visto, con oltre 24 statue in bronzo di raffinatissima fattura, cinque delle quali alte quasi un metro, tutte integre e in perfetto stato di conservazione.
Adagiato sul fondo della grande vasca romana, il giovane efebo, bellissimo, sembra quasi dormire. Accanto a lui c’è Igea, la dea della salute che fu figlia o moglie di Asclepio, un serpente arrotolato sul braccio. Poco più in là, ancora in parte sommerso dall’acqua, si intravvede Apollo e poi ancora divinità, matrone, fanciulli, imperatori. Questo il quadro che si è presentato agli archeologi nella scoperta di diverse statue votive nello scavo di San Casciano dei Bagni.
“Una scoperta che riscriverà la storia e sulla quale sono già al lavoro oltre 60 esperti di tutto il mondo” annuncia l’archeologo Jacopo Tabolli, il giovane docente dell’Università per Stranieri di Siena, che dal 2019 guida il progetto con la concessione del ministero della Cultura e il sostegno anche economico del piccolo comune. Un tesoro “assolutamente unico”, sottolinea, che si accompagna ad una incredibile quantità di iscrizioni in etrusco e in latino e al quale si aggiungono migliaia di monete oltre a una serie di altrettanto interessanti offerte vegetali.
“Per noi di San Casciano la scoperta clamorosa che arriva dagli scavi archeologici del Bagno Grande è un sogno che si avvera” dice la sindaca Agnese Carletti mentre si muove sicura tra il fango e le pietre del cantiere di scavo che da tre anni nelle campagne di questo borgo toscano sta riportando alla luce i resti delle terme sacre etrusche e romane. La sfida degli scavi archeologici è partita ancora prima, nel 2007, quando venne scavata la necropoli etrusca di Balena. Nel 2016 l’avvio delle ricerche per le terme, dal 2019, gli scavi veri e propri che il comune ha generosamente finanziato. Da allora è stato un susseguirsi di sorprese, fino alla più clamorosa di tutte, in questi giorni, con il ritrovamento delle 24 statue romane di bronzo.
Una grande scoperta che ha permesso al comune di San Casciano di firmare l’accordo di valorizzazione con il ministero della cultura e l’università per gli stranieri di Siena, per far nascere qui un museo contemporaneo che sia anche laboratorio, un parco archeologico e una scuola internazionale di ricerca universitaria. “Questo accordo per noi è la speranza di riuscire a trattenere i nostri giovani, di convincere chi ha mollato a ripensarci”. Ecco, la sfida più grande secondo la sindaca Carletti.
Insediato da una manciata di giorni, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha già visitato il laboratorio di restauro che ha appena accolto le statue. “Un ritrovamento eccezionale che ci conferma una volta di più che l’Italia è un paese fatto di tesori immensi e unici. La stratificazione di diverse civiltà è un unicum della cultura italiana”, si appassiona il responsabile del Collegio Romano.
“La scoperta più importante dai Bronzi di Riace e certamente uno dei ritrovamenti di bronzi più significativi mai fatti nella storia del Mediterraneo antico“, commenta accanto a lui il direttore generale musei del MiC Massimo Osanna, che ha appena approvato l’acquisto del palazzo cinquecentesco che ospiterà nel borgo di San Casciano le meraviglie restituite dal Bagno Grande, un museo al quale si aggiungerà in futuro un vero e proprio parco archeologico. Luigi La Rocca, direttore generale per l’archeologia, condivide l’entusiasmo e sottolinea “l’importanza del metodo usato in questo scavo”, che come è stato per le scoperte più recenti di Pompei, anche qui ha visto all’opera “specialisti di ogni disciplina, dagli architetti ai geologi, dagli archeobotanici agli esperti di epigrafia e numismatica”.
La ricostruzione storica delle 24 statue ritrovate a San Casciano dei Bagni
Realizzate con tutta probabilità da artigiani locali, le 24 statue appena ritrovate – spiega Tabolli affiancato dal direttore dello scavo Emanuele Mariotti e da Ada Salvi della Soprintendenza- si possono datare tra il II secolo avanti Cristo e il I dopo. Secondo quanto racconta il santuario, con le sue piscine ribollenti, le terrazze digradanti, le fontane, gli altari, esisteva almeno dal III secolo a.C. e rimase attivo fino al V d.C., quando in epoca cristiana venne chiuso ma non distrutto. Infatti le vasche furono sigillate con pesanti colonne di pietra e le divinità vennero affidate con rispetto all’acqua.
È anche per questo che, rimossa quella copertura, gli archeologi si sono trovati davanti un tesoro ancora intatto, di fatto “il più grande deposito di statue dell’Italia antica e comunque l’unico di cui abbiamo la possibilità di ricostruire interamente il contesto“, ribadisce Tabolli. Disposte in parte sui rami di un enorme tronco d’albero fissato sul fondo della vasca, in molti casi appunto ricoperte di iscrizioni, le statue come pure gli innumerevoli ex voto arrivano dalle grandi famiglie del territorio e non solo, esponenti delle élite del mondo etrusco e poi romano, proprietari terrieri, signorotti locali, classi agiate di Roma e addirittura imperatori.
Qui, a sorpresa, la lingua degli etruschi sembra sopravvivere molto più a lungo rispetto alle date canoniche della storia, così come le conoscenze etrusche in fatto di medicina sembrano essere riconosciute e accettate come tali anche in epoca romana. Un grande santuario che sembra raccontarsi, insomma, come un luogo unico anche per gli antichi, una sorta di bolla di pace, se si pensa, come spiega Tabolli, “che anche in epoche storiche in cui fuori infuriano i più tremendi conflitti, all’interno di queste vasche e su questi altari i due mondi, quello etrusco e quello latino, sembrano convivere senza problemi”. Chissà, ragiona l’archeologo, forse perché fin dalle origini il nume qui è sempre rimasta l’acqua con la sua divinazione, la sua forza, il suo potere: “Qui passa il tempo, cambia la lingua, cambiano persino i nomi delle divinità, ma il tipo di culto e l’intervento terapeutico rimangono gli stessi”.
Il cantiere adesso si chiude, riprenderà in primavera. L’inverno servirà per restaurare, studiare, capire. “Sarà un lavoro di squadra, com’è stato sempre finora”, sorride orgoglioso Tabolli. Università, ministero, comune, specialisti di altri atenei del mondo: tutti insieme con l’occasione unica di scrivere un capitolo integralmente nuovo della storia antica.