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Scienza: ricercatrice pisana studia terremoti ‘silenti’

I Terremoti ‘silenti’ sono movimenti che avvengono a una velocità intermedia tra quella tipica delle placche tettoniche che è di 1-10 cm all’anno a quella necessaria a generare terremoti, che è intorno a un metro al secondoI geologi. Potrebbero essere ‘campanelli d’allarme’ .

Li chiamano ‘terremoti silenti’ perché non producono onde sismiche, e tuttavia l’ipotesi è che siano ‘campanelli di allarme’ per tsunami e grandi eventi sismici. Per la prima volta una campagna oceanografica, che parte l’8 marzo, realizzata nell’ambito di un programma internazionale di ricerca in mare studierà questo fenomeno.

Di questa spedizione farà parte anche una ricercatrice italiana, Francesca Meneghini, dell’Università di Pisa. Scoperti solo recentemente, i ‘terremoti silenti’, spiega una nota dell’ateneo, “sono scivolamenti lenti delle placche terrestri lungo una faglia che possono andare da pochi millimetri a qualche decimetro e durare settimane o mesi: movimenti che avvengono a una velocità intermedia tra quella tipica delle placche tettoniche che è di 1-10 cm all’anno a quella necessaria a generare terremoti, che è intorno a un metro al secondo”. “I collegamenti ipotizzati tra ‘terremoti silenti’ e grossi sismi e tsunami – sottolinea Meneghini – pongono con urgenza alla ricerca scientifica il compito di decifrare le caratteristiche geologiche e geofisiche di questo fenomeno”.

L’obiettivo della campagna internazionale è quindi quello di investigare le condizioni in situ e i processi attivi in un’area in cui la placca pacifica scende in ‘subduzione’ al di sotto del continente neozelandese. Per compiere lo studio la nave oceanografica eseguirà, a circa 2-300 metri sotto la superficie dell’acqua, tre perforazioni e carotaggi di circa 800 metri di profondità nel fondale marino. L’idea dei ricercatori è quella di caratterizzare chimico-fisicamente e geologicamente il materiale che ‘entra’ nella zona di subduzione e quello deformato lungo la faglia che separa la placca pacifica e quella neozelandese cercando di decifrare come sedimenti e rocce si modificano. “Poiché i ‘terremoti silenti’ possono durare anche settimane o mesi – conclude Meneghini – installeremo anche degli ‘osservatori in pozzo’ per monitorare le variazioni delle condizioni fisico-chimiche nel tempo, con la speranza di ‘registrare’ anche a distanza uno di questi fenomeni”.

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