Scomparsa Roberta Ragusa. Dieci anni fa la donna di 44 anni, mamma di due figli, di Gello di San Giuliano Terme, piccolo centro alle porte di Pisa, svaniva nel nulla, la sera stessa del naufragio della Costa Concordia, al largo del Giglio (Grosseto), il 13 gennaio 2011.
Il cadavere non e’ mai stato ritrovato ma la storia processuale colloca il decesso poco prima della mezzanotte della sera della scomparsa, quando al culmine di una lite il marito Antonio Logli la colpisce alla testa uccidendola per poi nascondere il corpo. L’uomo sta scontando in carcere la condanna – divenuta definitiva nel 2019 – a 20 anni di reclusione.
Per la Cassazione il movente dell’omicidio fu economico: Logli temeva le conseguenze patrimoniali della separazione che voleva la moglie. L’uomo si e’ sempre proclamato innocente. Per mesi la scomparsa di Roberta Ragusa resta un rompicapo, su Logli si addensano subito molti indizi ma nulla di piu’. Solo qualche anno dopo spunta un super testimone oculare che dice di aver assistito alla lite e che si convince a raccontare tutto ai carabinieri: e’ il giostraio Loris Gozi, che la difesa ha sempre ritenuto inattendibile. Oggi il nuovo pool difensivo del marito, guidato dall’avvocato Andrea Vernazza di Genova e dalla criminologa Anna Vagli, insiste su questa tesi e si appresta a depositare un’istanza di revisione del processo smentendo proprio quelle dichiarazioni: “Tra fine mese e inizio febbraio – spiega la criminologa all’ANSA – depositeremo alla corte di appello di Genova la nostra istanza, producendo nuovi mezzi di prova. A cominciare da una persona che ha raccolto proprio le confidenze di Gozi, il quale ha detto di essersi inventato tutto perche’ aveva paura. Non posso dire di piu’. Ma posso affermare che porteremo alla valutazione dei giudici anche nuovi scenari mai presi in considerazione prima come avrebbe dovuto fare invece la procura di Pisa: mi riferisco all’ipotesi dell’allontanamento volontario che secondo noi e’ testimoniata da alcuni scritti di Roberta che abbiamo trovato nella soffitta dell’abitazione. Una sorta di diario nel quale da una parte scriveva la sua vita reale e dall’altra quella che sognava. La tesi dell’allontanamento volontario convince anche i figli, che sono assolutamente certi dell’innocenza del padre”.
Opposto il parere dell’avvocato Nicodemo Gentile, che al processo contro Logli ha rappresentato la parte civile a nome dell’associazione Penelope che tutela le famiglie delle persone scomparse: “Che Logli sia colpevole lo dice la giustizia italiana. Non c’e’ altro da commentare. Semmai la vicenda di Roberta deve insegnare a molte donne vittime di violenza psicologica tra le mura domestiche a denunciare prima la loro situazione, che altrimenti, come e’ accaduto alla mamma di Gello di San Giuliano Terme, rischiano di trascinarsi da un’apparente normalita’ in tragedia”.