La corte di appello di Firenze ha condannato Giuseppe Raffone e Pasquale D’Alterio, rispettivamente a 6 anni e 2 mesi e a 5 anni e 4 mesi, di reclusione, in una vicenda per tentata estorsione con spari esplosi il 23 gennaio 2017 contro l’auto e l’edificio dove c’è la ditta dell’imprenditore fiorentino Andrea Bacci.
Per gli spari, in primo grado Raffone era stato condannato a 7 anni e mezzo, D’Alterio a 6 anni e 9 mesi.
D’Alterio, imprenditore di origine campana residente nel Pistoiese, tra l’altro giĂ campione mondiale di bocce, e Raffone, catanese, furono arrestati circa un mese dopo il fatto nell’ambito di indagini del pm Christine Von Borries, che poi hanno portato al processo. Dietro agli atti intimidatori nei confronti di Bacci ci sarebbero stati motivi di natura economica, in particolare un credito da 270.000 euro messo a rischio dalla richiesta di bancarotta di Coam, azienda di costruzioni controllata da Bacci. Gli attentati suscitarono notevole attenzione e innescarono indagini che poi hanno definito la vicenda.
Secondo le indagini, Andrea Bacci e Fabio Bettucci avevano raggiunto un accordo per saldare una parte del loro debito con la Fcm di Pasquale D’Alterio, 44 anni, l’imprenditore di origine napoletana ma residente nel Pistoiese. L’accordo saltò quando la procura, a dicembre 2016, chiese il fallimento per bancarotta fraudolenta della  Coam. In particolare a D’Alterio doveva andare un appartamento, circa 190 mila euro il suo valore, che
l’impresa di Bacci stava costruendo a Livorno. Al compromesso non fece seguito, proprio per la richiesta di fallimento, il contratto.
E a quel punto D’Alterio si sarebbe accordato con Giuseppe Raffone, 48 anni, di Catania, chiedendo il suo intervento per recuperare i soldi da Bacci e Bettucci. Il 48enne iniziò a telefonare all’amministratore prima con minacce velate, poi più dirette: “Dovete stare attenti, io di voi so tutto, anche dove abitate”. Come poi accertato dalla gdf Bettucci incontrò Raffone che avrebbe ripetuto le sue minacce.
Gli uomini della gdf, attraverso intercettazioni e le immagini delle telecamere di sorveglianza dell’Ab Florence, hanno ricostruito la vicenda appurando, tra l’altro, che contro la pelletteria di Scandicci i colpi vennero sparati nella stessa giornata del 23 gennaio: la prima volta la mattina (contro l’auto di Bacci), la seconda nella serata e non (come fino ad ora ipotizzato) nella notte tra il 23 e il 24 gennaio, contro l’insegna della ditta