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Ven 21 Mar 2025
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Strage di Calenzano. Il giorno dopo gli avvisi di garanzia è il giorno dello sdegno

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Strage di Calenzano. Il giorno dopo gli avvisi di garanzia è il giorno dello sdegno
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Strage di Calenzano, il giorno dopo le conclusioni dell’inchiesta. Sotto accusa la stessa Eni e sette suoi tecnici e dirigenti, più due della ditta appaltatrice Sergen. Gli investigatori denunciano un tentativo di inquinamento delle indagini.

Oggi è il giorno dell’indignazione. La tragedia del 9 dicembre scorso, l’esplosione dello stabilimento Eni di Calenzano che causò cinque morti, poteva essere evitata. Il Procuratore capo di Prato Luca Tescaroli ha parlato chiaro. Non fu una fatalità ma furono aggirate le norme sul lavoro. Quel luogo è stato reso pericoloso da chi aveva la responsabile della sicurezza. Per gli inquirenti, quel fatto unico in Italia e in Europa, era prevedibile ed evitabile. Ad innescare l’esplosione, il motore del carrello elevatore, la fuoriuscita di carburante da una valvola svitata per 33 secondi, e soprattutto quello che avevamo visto e capito tutti a poche ore dai fatti. Quello che accade spesso e non dove accadere mai. La regola di base. Mai fare manutenzione e rifornimento insieme. Dice Tescaroli: “Se le pompe di carico delle autobotti al deposito Eni di Calenzano, fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15 del 9 dicembre 2024, sarebbero andati persi circa 255.000 euro di guadagni”. Lo sdegno è corale. Per la Cgil morire sul lavoro non è mai casuale. Sulla stessa linea la Cisl, che si dice per niente stupita dai reati contestati: omicidio colposo plurimo, disastro colposo, lesioni personali e delitti colposi contro la salute pubblica. Avs sottolinea le responsabilità dell’azienda, il Pd parla di inaccettabili tentativi di insabbiamento da parte della stessa Eni, che a sua volta smentisce. In ogni caso, la Giustizia sta facendo e farà il suo corso. Restano a terra cinque uomini, cinque lavoratori, e un sistema produttivo vocato al profitto, a scapito della sicurezza e della dignità del lavoro. Con questi presupposti, forse per una volta, in Italia, i familiari delle vittime avranno almeno diritto a conoscere la verità e ad avere giustizia.