
Poco più di 3 mesi dopo le esplosioni nel deposito ENI di Calenzano che causarono 5 morti la procura di Prato ha chiarito quali siano le responsabilità e le cause di quell’incidente. Che secondo i magistrati poteva essere evitato, semplicemente sospendendo le operazioni di carico del carburante in quel giorno, il 9 dicembre scorso. Secondo le indagini condotte dalla procura di Prato, competente sul territorio di Calenzano, la società agì per profitto con “errori gravi e inescusabili”.
“I lavori di manutenzione non dovevano e non potevano essere eseguiti in contemporanea con le azioni di carico dei carburanti”. A 100 giorni dalle esplosioni nel deposito Eni di Calenzano, che la mattina del 9 dicembre scorso hanno causato 5 morti e decine di feriti, la procura di Prato mette il primo punto sulle indagini. Indicando quelli che secondo l’accusa sono responsabilità e motivi della strage. Le esplosioni sono state per gli investigatori un evento “prevedibile ed evitabile”, causato – ha detto il procuratore di Prato Luca Tescaroli – da un “errore grave e inescusabile”. Stamane sono stati dunque notificati nove avvisi di garanzia: si tratta di 7 dipendenti di Eni e di due dirigenti della società potentina che stava eseguendo lavori di manutenzione nell’impianto, Sergen. Le persone iscritte nel registro degli indagati sono accusate a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Il procuratore ha inoltre reso noto che, anche “a tutela degli indagati”, è previsto lo svolgimento di un incidente probatorio.
Nel corso delle indagini sono emersi anche profili di responsabilità oggettiva da parte di Eni s.p.a: la società “è oggetto di illecito amministrativo per la condotta di uno dei nove indagati, il quale – ha spiegato il procuratore capo Luca Tescaroli – avrebbe “tentato in qualche modo di ostacolare le indagini” sulle cause delle esplosioni creando una cartella documentale condivisa più di un mese dopo il fatto.
Secondo l’accusa, a causare l’incidente sarebbero stati una serie di errori gravi. Dall’analisi della documentazione di sicurezza rilasciata e dalle attività di Sergen, infatti, emerge come «la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore» sia stata determinante e abbia “generato calore in un’area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Sergen”.
Negli avvisi, infine, la procura critica alla radice il modello di lavoro imposto da Eni all’interno dell’impianto di Calenzano. In particolare gli investigatori hanno calcolato che “se le pompe fossero rimaste chiuse come dovevano, dalle nove alle 15 di quel giorno, sarebbero andati persi circa 255 mila euro di guadagni”. In una nota Eni dichiara “ la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all’origine dell’incidente”. Il colosso dell’energia conferma infine il proprio impegno “al risarcimento dei parenti delle vittime dell’incidente”.
NELL’AUDIO il servizio di Giorgio Bernardini