Arriva la condanna a 5 anni nel processo di appello bis per la strage ferroviaria di Viareggio (Lucca) del 29 giugno 2009 per Mauro Moretti, l’ex ad di FS e Rfi. Condannati anche i manager del gruppo Fs, Michele Mario Elia (ex ad Rfi) e Vincenzo Soprano (ex ad Trenitalia) a 4 anni, 2 mesi e 20 giorni, Mario Castaldo (direttore Divisione Cargo Trenitalia) a 4 anni. Sono condanne più basse di quanto richiesto dalla procura generale. Assolti, invece, altri manager delle Ferrovie, Emilio Maestrini (Trenitalia) e Francesco Favo (Rfi).
Moretti, che nel primo appello era stato condannato a 7 anni, in questo nuovo processo disposto dalla Cassazione la procura generale aveva chiesto 6 anni e 9 mesi. In questo processo non ha rinunciato ad avvalersi della prescrizione diversamente dai precedenti gradi di giudizio.
Dopo la lettura della sentenza arrivano anche le reazioni dei legali: per l’avvocato Francesco Bevacqua, parte civile per la Regione Toscana, “La sentenza restaura la verità negata anche oggi in udienza, lenisce i patimenti di tanti offesi e sanziona in modo proporzionato alla gravità dei fatti i responsabili”, mentre il difensore di Mauro Moretti, avvocato Ambra Giovene ha definito la sentenza “deludente”. “Una condanna a 5 anni per un processo senza prove é veramente un teorema e questo non può che dispiacerci. Tradisce un’interpretazione di questa storia che non é quella reale. Leggeremo le motivazioni” previste tra 90 giorni.
Moretti oggi in aula in una dichiarazione spontanea ha dichiarato che: “Da amministratore delegato di Rfi, non potevo essere autore della politica di investimenti sul trasporto ferroviario merci né passeggeri. Non me lo consentiva la legge. Ogni politica in merito era compito di Trenitalia e delle altre imprese ferroviarie”. In aula l’ex ad di FS e Rfi ha respinto anche l’accusa di essere l’autore di una politica aziendale per investire nell’Alta velocità anziché nel trasporto passeggeri e merci e nella sicurezza.
Le tensioni non sono mancate: i familiari delle vittime presenti in aula hanno protestato quando Moretti si è rivolto a loro per dire di non riconoscersi in alcune dichiarazioni e frasi che negli anni gli sono state attribuite e di comprendere il loro dolore. Alcuni di loro dai banchi del pubblico lo hanno invitato al silenzio, mentre altri gli hanno voltato le spalle. Moretti aveva esordito dicendo: “Durante questi anni sono stato più volte sollecitato a rilasciare dichiarazioni a mia difesa o invitato a reagire alle critiche, censure, spesse volte ingiurie di cui sono stato oggetto. Non l’ho fatto per rispetto alla Giustizia ed ai suoi rappresentanti. Non l’ho fatto, anche per rispetto alle famiglie delle vittime. Credo siano questa la sede ed il momento giusti”. Avendo percepito il risentimento dei familiari Moretti si è interrotto e si è voltato a guardare il pubblico e l’udienza è ripresa solo dopo l’intervento del presidente del collegio della corte di appello, che ha richiamato al silenzio.
Nella sua dichiarazione spontanea Moretti inoltre ha dichiarato che: “Il premier Prodi nel 2006 mi disse: ‘Ingegnere, la Tirrenia è fallita, l’Alitalia è fallita, non possiamo permetterci che falliscano anche le Ferrovie dello Stato'”. “Gli autori di quella precisa politica invece – ha affermato Moretti – furono il Governo e il Parlamento italiano, che finanzieranno fino all’ultimo centesimo l’opera senza procurare nessun rischio di impresa a chi realizzerà questi progetti”. “Il Governo nel 2002 mi chiese di accelerare i lavori Tav Napoli-Torino che stavano ristagnando, e io agii in tal senso – ha anche ricordato -. Costruii un rigido piano operativo, bloccando ogni variante in corso d’opera, attuando un sistema di gestione delle commesse digitalizzato per controllare lo stato avanzamento dei lavori”. Moretti ha rivendicato però di aver promosso un grande piano di risanamento dei conti delle Fs e di ammodernamento delle ferrovie italiane, non solo per quanto riguarda l’Av, ma per tutto l’intero trasporto ferroviario e nella sua rete globale di infrastrutture.
Nelle sue dichiarazioni Moretti ha ricordato che il collegio del primo processo di appello sembrò dare per scontato che “Moretti, quale amministratore delegato di Rfi fino al 25 settembre 2006, potesse essere l’autore di una precisa politica aziendale diretta a decidere sugli investimenti o sul noleggio delle flotte passeggeri e merci di Trenitalia”, “ma questa assunzione basilare per la fondatezza del teorema, è completamente errata, perché, io nella qualità di ad di Rfi fino al 25 settembre 2006, non potevo essere autore di alcuna politica relativa ad investimenti nel materiale rotabile, né passeggeri né merci: perché mi era vietato dalla legge, europea e nazionale, nonché dallo Statuto di Rfi, essendo ogni politica ed ogni decisione di investimento nel materiale rotabile uno dei compiti propri ed esclusivi dell’attività delle imprese ferroviarie e, tra esse, di Trenitalia”.
“Che il contratto di noleggio dei carri Gatx” (società ferroviaria tedesca, ndr) “risalga al gennaio 2005, è processualmente accertato – ha ribadito -. Quindi la politica e la decisione di noleggiare e di ‘non investire nella realizzazione di una flotta di carri merci di proprietà’, risale, ragionevolmente, quanto meno al 2004, quando ad pro tempore di Trenitalia era l’ingegner Testore. In quel periodo, dal 2004 e fino al 25 settembre 2006, oltre a non potermi occupare di investimento o noleggio di flotte, non esisteva nemmeno alcuna mia conoscenza della politica e delle decisioni di Trenitalia di noleggiare i carri in questione: ed infatti non esiste agli atti del processo alcuna prova in merito. Quindi si può concludere che la assunzione basilare del teorema è falsa e basterebbe solo questa considerazione per rendere del tutto assurda ed inconsistente la sua tesi, quantomeno per la posizione di ad di Rfi”.
“Non fui “autore” nemmeno di investimenti in treni Av. Semplicemente perché in quel periodo non ce lo potevamo permettere perché l’eredità ricevuta alla fine del 2006 fu un bilancio con 2 miliardi e 150 milioni di euro di perdita su un fatturato di 6 miliardi e mezzo, oltre ad una montagna di debiti. Non avevamo soldi nemmeno per pagare gli stipendi!”. Sul progetto Tav in generale, Moretti ha detto: “Iniziai ad occuparmi di quella attività solo dal 2001, dopo la trasformazione di Fs in un gruppo di imprese (Fs holding, Rfi, Trenitalia), Tav spa confluì sotto il controllo di Rfi di cui ero ad. Prima di quella data era stato deciso già tutto: tracciati, tratte, general contractors e tutti i relativi contratti vincolanti per l’intera vita di costruzione, nonché i relativi impegni di spesa che trovavano copertura nelle leggi di bilancio e finanziarie approvate dal Parlamento”. “Non fui certamente io – ha aggiunto – l’autore di “quella precisa politica” perché fu determinata 15 anni prima e decisa in ogni passo successivo al livello di Governo e Parlamento Italiano. E lo Stato pagò completamente il sistema Av – Ac. Quindi esso non fu costruito a rischio di impresa e, per ciò, non sottrasse alle merci ed alla loro sicurezza nemmeno un centesimo”.
“Nel 2001 il Governo mi chiese di fare, tramite il Ministro dei trasporti vigilante, fondamentalmente due cose – ha anche detto Moretti -: accelerare i lavori di realizzazione dell’asse principale Napoli – Milano – Torino che rischiavano di non finire mai come la maggior parte delle opere pubbliche in Italia. E, soprattutto, di frenare l’enorme incremento di spesa registrato in precedenza e ridurre quello che si prospettava per il futuro. Io agii in tal senso, costruendo un rigido programma operativo che escludeva ogni ulteriore slittamento dei tempi ed incremento di costi bloccando ogni variante in corso d’opera già richiesta o prospettata dai general contractors e introducendo un sistema di gestione delle commesse (project management) digitalizzato per il controllo dello stato di avanzamento dei lavori attraverso la rintracciabilità documentale dei soggetti coinvolti”.
“Dovevamo pensare a non fallire, come mi disse il presidente Prodi quando mi comunicò la decisione del Governo di nominarmi ad del Gruppo Fs. Ricordo a memoria: ‘Caro ingegnere, Tirrenia è fallita, Alitalia è fallita; non possiamo permetterci la stessa fine per le Ferrovie. Faccia anche l’impossibile per evitarlo’. Ci siamo riusciti sempre salvaguardando gli investimenti per la sicurezza, per i quali è sempre stata garantita la priorità assoluta rispetto ad ogni altro investimento e spesa”. Moretti ha anche affermato di esser stato “autore di tanti Piani di innovazione per migliorare la qualità e la Sicurezza”. Tra quelli da lui ricordati, il “primo fu per la de-coibentazione di circa 50.000 rotabili che contenevano amianto e definimmo un piano di interventi di circa 600 milioni degli attuali euro che fu attuato completamente in tre anni”, poi, alla Divisione Infrastrutture della vecchia Fs spA, “fui autore del Piano straordinario di manutenzione straordinaria del 1999: 3 mld di euro spesi in cinque anni per intervenire sull’armamento, ponti, viadotti gallerie, ecc. che versavano allora in condizioni precarie”, successivamente, agli inizi degli anni 2000 “fui l’autore del programma di digitalizzazione dei sistemi Ferroviari cioè dei sistemi di processo industriale per il controllo della circolazione dei treni, dei sistemi gestionali. Nel primo caso si svilupparono tutte le applicazioni specifiche di sicurezza ferroviaria”.
“I tempi ed i costi di quel nuovo programma operativo furono così rispettati, senza ulteriori slittamenti ed incrementi – ha rivendicato – Di questo io sono stato “l’autore”. Ma sono stato anche l’autore delle decisioni di adottare il nuovo sistema di trazione elettrica a 25.000 Volts a corrente alternata e, di sviluppare, primi in Europa, la nuova tecnologia digitale per la sicurezza ferroviaria Ertms – Etcs. Vi chiedo: realizzare tutto questo fu una colpa?”. Per Moretti fu, invece, “un duro e complesso lavoro di una squadra di persone che operavano con completa dedizione per lo Stato italiano, non per rincorrere profitti e tantomeno per curare i propri interessi personali, ma con il solo scopo di contribuire ad ammodernare il loro Paese che nella sfida globale rischiava l’emarginazione e tuttora rischia di essere stritolato? Ma se oggi non vi fosse quel sistema, come sarebbe oggi l’Italia?”.
Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Vittorio Fantozzi, insieme al consigliere comunale Marco Dondolini ed il capogruppo Fdi a Viareggio Carlabert Tofanelli di chiara di essere: “Sempre al fianco dei familiari delle vittime della strage di Viareggio, il ricordo non va in archivio. Resta la gravità del gesto con cui il Comune ha accettato la liquidazione del danno morale causato dal disastro ferroviario. Accettando quei soldi ha dato la possibilità ai difensori degli imputati di presentare nel processo d’appello una nota di merito come attenuante. Il Comune di Viareggio almeno destini tale liquidazione alla commissione denominata Tavolo della memoria”. “Un fatto drammatico che doverosamente va ricordato anche come monito per avere diritto di viaggiare in sicurezza – sottolineano in una nota -. Proprio per questo, come Fratelli d’Italia, siamo impegnati su una proposta di legge per istituire la giornata toscana del trasporto in sicurezza. Bisogna fare in modo che la eco di quella tragedia non vada affievolendosi col passare del tempo”.
L’assessore regionale alle infrastrutture Stefano Baccelli su Facebook scrive: “Processo strage di Viareggio. Moretti ha voluto avere l’ultima parola con le sue ‘dichiarazioni spontanee’. L’ultima parola quando in precedenza lo si era sentito parlare durante questo lunghissimo iter giudiziario in solo due occasioni, due”. “Nel primo processo di appello – sottolinea Baccelli – quando dichiarò: ‘Rinunzio alla prescrizione perché sono innocente’. In questo appello bis, alla prima udienza, quando affermò: ‘Non rinunzio alla prescrizione’. Immagino che i suoi coimputati ed i loro avvocati non siano rimasti molto contenti della sua saccente, egocentrica, auto assolutoria, scaricabarilistica ed infinita prolusione. A noi, parti civili da sempre e per sempre nel processo a fianco dei familiari delle vittime non resta che attendere la sentenza”.