La dichiarazione dell’artista serba: “E’ la prima volta che mi succede una cosa del genere. Con la violenza sugli altri non si fa arte. Anche io sono stata una giovane artista non famosa ma non ho mai fatto del male a nessuno. Nel mio lavoro io metto in scena diverse situazioni e metto a rischio la mia vita. Ma questa è una mia decisione e stabilisco io le condizioni”.
Un quadro di carta tirato in testa e che si rompe. Materiale innocuo, ma il gesto fa clamore perché poteva andare peggio. Tanta paura, dunque, per Marina Abramovic a Firenze, che comunque sta bene, non ha riportato nessuna ferita, è rimasta illesa. La grande artista serba da tre giorni ha inaugurato l’antologica ”The cleaner”, e un uomo l’ha attesa nel cortile di Palazzo Strozzi, sede della mostra, in mezzo ai suoi fans, per colpirla. “L’ho dovuto fare per la mia arte”, le uniche parole di spiegazione dell’aggressore alla stessa Abramovic che, pur sotto choc, ci ha voluto parlare subito dopo l’episodio.
L’uomo è un 51enne della Repubblica Ceca, sedicente artista, già autore di gesti clamorosi benché incruenti. La polizia lo conosceva già: l’ultimo precedente l’11 gennaio 2018 quando imbrattò di vernice una statua di Urs Fischer in piazza della Signoria. “Sono io Fischer”, disse quel giorno ai vigili. Stavolta l’ha bloccato la sicurezza di Palazzo Strozzi: non ha fatto resistenza, è rimasto a terra finché gli agenti non lo hanno portato via. Lui era calmo: aveva compiuto la sua missione. Ci sono video dei fans della Abramovic. In uno si vede bene la scena: le si fa incontro e le tira in testa la tela di carta, che si sfonda. Si ode un’esclamazione dell’aggressore mentre dà il colpo. Poi gridolini di stupore e riprovazione.
Una donna dice “E’ impazzito, ma sei pazzo?”, un’altra esclama “Che deficiente…”. I fans continuano a riprendere la scena mentre arriva la polizia. Nel pomeriggio è stato rilasciato. Marina Abramovic non lo denuncia. “Provo compassione”, ha detto l’artista. Che ricostruisce così: “Tra la folla c’era quest’uomo che portava con sé un dipinto raffigurante il mio volto in modo distorto. Si è avvicinato guardandomi negli occhi e gli ho sorriso pensando che fosse un regalo per me. In una frazione di secondo ho visto la sua espressione cambiare e diventare violenta, venendo verso di me molto velocemente e con forza. I pericoli arrivano sempre molto rapidamente, come la morte”. “Tutt’ad un tratto – prosegue – mi ha sbattuto in testa violentemente il quadro, intrappolandomi nella cornice. Tutto è successo molto rapidamente. Poi le guardie lo hanno isolato e fermato. Ero sotto shock”. Ma poi “la prima cosa che ho chiesto è stata: voglio parlarci, voglio sapere perché l’ha fatto. Perché questo odio contro di me? Quindi lo hanno portato da me e gli ho chiesto: ”Perché l’hai fatto? Perché questa violenza?”. Non gli avevo fatto niente. Non l’avevo mai incontrato prima. Lui ha detto: ”L’ho dovuto fare per la mia arte”. Questa è stata la risposta”.