Tornano The Waterboys di Mike Scott. Il variegato album segue cronologicamente gli episodi della vita dell’attore e regista Dennis Hopper; gli esordi con James Dean e Andy Warhol, la controcultura, la rinascita.
Fondati nel 1983 da Mike Scott, gli scozzesi The Waterboys, in totale controtendenza rispetto all’ondata della “new wave”, si rifacevano a certo rock/folk classico ed alle atmosfere del folk celtico piĂą tradizionale. Il folk venato di soul di Van Morrison (in particolare l’album Astral Weeks), e la narrazione poetica di Bob Dylan, si univano all’anima scura dei Velvet Underground (il nome del gruppo proviene da un verso di The Kids, canzone contenuta nell’album Berlin di Lou Reed), con elementi minimalisti ispirati a Steve Reich e un approccio compositivo che univa epicitĂ sonora e estese liriche spesso ispirate da tematiche legate alla spiritualitĂ , creando quel suono che definivano “Big Music” e che caratterizza i primi lavori della band dando vita a un sound unico e potente
This Is the Sea del 1985, diventa un grande successo planetario, mentre la svolta folk con Fisherman’s Blues (1988) lascia una lunga onda influenzando profondamente la scena folk-rock degli anni ’80 e ’90. Tra i loro brani piĂą celebri il grande classico The Whole of the Moon, Fisherman’s Blues, A Girl Called Johnny e Is She Conscious o Don’t Bang The Drum. Dopo lo scioglimento nel 1993, la band si è riformata nel 2000 ed è tuttora attiva come espressione esclusiva di Mike Scott, impegnato in una caotica produzione di numerosi album, purtroppo estremamente prolissi ma mai privi di alcuni ottimi brani.
Life, Death And Dennis Hopper è il sedicesimo album in studio dei Waterboys, pubblicato il 4 aprile 2025, e rappresenta il progetto più audace della band. Si tratta di un concept album di 25 tracce che racconta la vita dell’attore e regista Dennis Hopper, intrecciandola con la storia della cultura pop occidentale degli ultimi 75 anni. L’album nasce dall’ammirazione di Mike Scott per Hopper, ispirata da una mostra fotografica e da una celebre citazione dell’attore sulle sue “anni persi” tra dipendenze e rinascita. Ogni brano segue cronologicamente episodi della vita di Hopper, dai primi passi nel cinema con James Dean e Andy Warhol, passando per la controcultura degli anni ’60 e ’70, fino alla sua rinascita artistica e personale
Musicalmente, l’album si distingue per la sua varietà stilistica: rock psichedelico, ballate venate di country (probabilmente gli episodi migliori), incursioni elettroniche e momenti orchestrali e cinematici. Numerosi ospiti arricchiscono il disco, tra cui Bruce Springsteen, Fiona Apple, Steve Earle, Taylor Goldsmith dei Dawes, Kathy Valentine delle Go-Go’s e altri. Alcuni brani sono dedicati alle mogli di Hopper, altri esplorano momenti chiave della sua carriera e della cultura americana. Non mancano episodi eccentrici e sperimentali che riflettono la natura non convenzionale di Hopper e la passione di Scott per la narrazione fuori dagli schemi. L’album alterna momenti intensi e rumorosi a passaggi più delicati e riflessivi, come “Letter from an Unknown Girlfriend” e “Don’t Know How I Made It”
Il risultato è un disco che intrattiene in una maniera quasi teatrale, sorprende e a tratti spiazza, offrendo una visione personale e appassionata di una figura tanto iconica quanto controversa.
Life, Death And Dennis Hopper di The Waterboys è il nostro Disco della Settimana!