La debole ripresa dei consumi iniziata nel 2014 si è già esaurita, senza recuperare quanto perso durante la crisi. E’ quanto emerge da un dossier presentato ieri a Roma da Confesercenti dal quale emerge, fra l’altro, come siano molte le ragioni e i motivi che fanno sì che il nostro Paese non cresca; in particolare si ha una frenata della spesa delle famiglie.
Ad oggi, la spesa media dei toscani è inferiore di circa 1.000 euro rispetto al 2011. L’impatto sul commercio è stato molto forte. Tra crisi, boom dell’e-commerce e improvvisa ‘deregulation forzata’ il commercio negli ultimi 8 anni ha registrato numerose e pesanti perdite anche nella nostra Regione.Gli unici settori in crescita sono quelli in grado di intercettare i cambiamenti delle abitudini di consumo degli italiani dettati dalla crisi e dalle nuove sensibilità; e nella maggior parte dei casi sono legati al settore della “nuova ristorazione”.
“La Toscana in termini di consumi, perde molto meno rispetto alle Regioni del centro nord e addirittura meno della metà della media Nazionale. – afferma Nico Gronchi, Presidente Confesercenti Toscana – Una contrazione che racconta di una Regione capace di esprimere un tessuto commerciale ancora forte e presente soprattutto nelle Città capoluogo di Provincia e a forte vocazione turistica; tutto questo nonostante un processo di profonda trasformazione delle nostre Città. Anche in Toscana, infatti, a sostituire le ‘botteghe’ sono stati ristoranti, pubblici esercizi e altre imprese della ristorazione che sono aumentate in maniera esponenziale negli ultimi 8 anni e ben oltre la media nazionale”.
“I consumi delle famiglie Toscane si attestano nel 2018 a circa €32.500, cifra inferiore di €1.200 rispetto a 8 anni fa; da notare una composizione della spesa che privilegia trasporti, servizi sanitari, alimentari ed eventi culturali ed artistici a discapito di abbigliamento e comunicazioni. – conclude Gronchi – Questi dati confermano che la nostra Regione è in linea con il trend generale di spostamento di spesa dai prodotti ai servizi, in cui la componente legata al food, ai viaggi e alla cultura fanno la parte del leone.”
La ripresa dei consumi delle famiglie passa necessariamente attraverso il tema dell’occupazione. Il lavoro deve essere al centro delle politiche di sviluppo del nostro Paese: vi è l’esigenza di regole chiare e di maggior coraggio per ridurre il costo del lavoro e far ripartire le retribuzioni.
Abbiamo bisogno di mettere più soldi nelle tasche di chi lavora, in particolare dei salari medi, quelli che hanno più sofferto durante la crisi. Secondo le stime elaborate da Confesercenti Nazionale, una detassazione degli incrementi retributivi per tre anni potrebbe lasciare nelle tasche degli italiani 2,1 miliardi all’anno. Risorse che si trasformerebbero in una spinta di 1,7 miliardi di euro ai consumi, di cui 900 milioni accreditabili alla spesa delle famiglie ed il resto ai consumi di imprese e pubblici.
La detassazione degli aumenti, accompagnata al non aumento dell’IVA, ci darebbe nel 2020 circa 9 miliardi di spesa delle famiglie in più, facendo finalmente ripartire il motore dei consumi e quindi la crescita.