Mar 5 Nov 2024
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Cultura & SpettacoloTre giovani artisti si confrontano con la Collezione del museo del Cassero

Tre giovani artisti si confrontano con la Collezione del museo del Cassero

La mostra Giovani scultori al Cassero, il museo civico di Montevarchi,  è stata prorogata fino al 25 febbraio. La mostra propone le opere di tre giovani scultori, finalisti per la sezione scultura del “Premio Nazionale delle Arti Claudio Abbado” nel 2015: Noa Pane, Leardo Sciacoviello e Luigi Scopelliti.

Il Cassero, per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento, ospita la mostra “#Giovani scultori al Cassero. Focus sui finalisti del PNA 2015”, a cura del direttore scientifico  del Museo Federica Tiripelli. Una mostra tutta under 38, dalla curatrice, agli artisti fino ai fotografi. Organizzato nell’ambito del progetto regionale “Toscanaincontemporanea2017”, grazie al partenariato tra il Comune di  Montevarchi,  l’”Associazione  Amici  de  Il  Cassero per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento” e l’”Associazione  Fotoamatori F. Mochi”, l’evento espositivo ha ricevuto il patrocinio delle Accademie di Belle Arti di Torino, Urbino, Bari e Reggio Calabria e il sostegno della “Cooperativa Eco-Energie”.

“Un’ulteriore conferma – sottolinea l’assessore alla cultura del Comune di Montevarchi Maura Isetto – che Il Cassero rappresenta un’eccellenza nel panorama culturale italiano, e non solo. Uno degli obiettivi del Museo è anche quello di promuovere la scultura italiana, e questa mostra è una bella occasione per accendere i nostri riflettori su giovani artisti di grande prospettiva”. In mostra le opere dei tre scultori finalisti per la sezione scultura del “Premio Nazionale delle Arti Claudio Abbado” nel 2015: Noa Pane (Roma, 1983) – vincitrice del PNA nel 2017 -, Leardo Sciacoviello (Vercelli, 1979) – già assistente di David Mach – e Luigi Scopelliti (Reggio Calabria, 1988) che affrontano problematiche sociali contemporanee, relative alla violenza.

Il percorso espositivo, in tutto sei opere, è allestito nelle sale della collezione permanente del Museo, in un dialogo con le sculture presenti. Al centro della ricerca di Noa Pane, affascinata dalla meccanica e all’uso di materiali meccanici e industriali di riciclo, ci sono le dinamiche familiari e sociali della donna in tutti i suoi ruoli.  L’artista si interroga su quale sia la sua “funzione” nella società di oggi come evocano gli stessi titoli delle sue opere “Nature in a cage – series constriction” e “Untitled – series constriction 5”. “Noa Pane ci invita soprattutto a riflettere su ciò che genera la violenza, sulle relazioni tra uomo e donna – spiega la curatrice Federica Tiripelli -, sulla condizione di subordinazione e frustrazione che vive il genere femminile in molti contesti familiari e sociali anche in Occidente”.

Come Noa Pane, anche Leardo Sciacoviello affronta il tema della violenza e focalizza l’attenzione sulle tragiche esistenze di coloro che sono stati rinchiusi nei manicomi e nelle carceri, veri e propri luoghi di segregazione e abuso, invece che di cura e recupero. E questo lo esprime con un suo stile personale dove la materia è davvero protagonista: figure in gomma siliconica, abbandonate su delle vecchie tavole di legno, di grande forza emotiva e originalità che non lasciano indifferenti. La scultura “Portami su quella che canta” trae ispirazione dall’omonimo libro di Alberto Papuzzi in cui si racconta la vicenda del dottor Giorgio Coda, processato e condannato per le “torture” inflitte ai pazienti, mentre “Di  Stato  si  Muore”, incarnazione per l’artista dei misteriosi decessi e delle violenze che si verificano tra le mura delle carceri, fa invece riferimento al noto caso di Stefano Cucchi.

Luigi Scopelliti, artista legato profondamente alla sua terra di origine – la Calabria – indaga un altro tipo di violenza, quella legata alla sopraffazione dell’uomo sulla natura. Nella sua opera “Mays” affronta il tema dell’invasione degli OGM nelle coltivazioni come appunto quella del mais, ma anche la rinascita e il ritorno alla terra. “Le quattro tavolette in pietra nera turca […] –  precisa Federica Tiripelli -, sono quasi delle sacre “mense” che offrono semenze naturali, semi OGM (o meglio, ciò che ne resta), pannocchie scolpite  nella  pietra  leccese  e  incarnano  il  singolare  binomio  naturale  –  artificiale,  genuino  –  manipolato. Un’opera che è una riflessione sugli aspetti sociali,  economici e politici dell’uso delle biotecnologie”. Lo stesso tema della rinascita è proposto anche nell’affascinante installazione «Spazi di memoria», realizzata con oggetti di recupero a cui l’artista vuole donare nuova vita. La mostra diventa un momento di riflessione sui diversi linguaggi della scultura ma anche sul rapporto con altri linguaggi artistici come il video, realizzato dall’Associazione MACMA con Pierfrancesco Bigazzi, e le foto scattate da Lorenzo Della Vedova e Sofia Fabbrini, che documentano le opere e ne offrono una loro propria interpretazione arricchendo l’esperienza espositiva dei visitatori.

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