Livorno, tre portuali fanno parte degli arrestati in carcere oggi nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Firenze contro il traffico di droga dal Sudamerica coordinato da cosche di ‘ndrangheta.
I tre portuali avrebbero avuto proprio il compito di facilitare l’accesso dei criminali calabresi al porto toscano, sia per verificare l’arrivo dei carichi di cocaina sia per portare i carichi fuori dallo scalo. Inoltre, un altro livornese, che invece il gip ha sottoposto a obbligo di dimora, avrebbe avuto il compito logistico di fornire appartamenti per le necessità di soggiorno degli ‘ndranghetisti in trasferta a Livorno quando dovevano sovrintendere ai trasporti di cocaina.
Questo è quanto emerge dall’inchiesta della Dda illustrata in una conferenza stampa alla procura di Firenze con 13 arrestati in carcere e un obbligo di dimora. Le indagini sono partite nei primi mesi del 2019, quando è stata segnalata la presenza a Livorno di presunti esponenti di vertice delle ‘ndrine calabresi.
Secondo quanto spiegato dalla polizia, alcuni precedenti sequestri di coca fatti nel porto di Gioia Tauro avevano indotto alcune cosche, in particolare la cosca Molè, a reindirizzare il traffico di stupefacenti verso i porti di Livorno e Vado Ligure (Savona). L’organizzazione criminale, specializzata nell’importazione di cocaina, poteva contare anche su aderenti stanziati in Olanda e in Sud America.
Nel marzo del 2019 le indagini scoprirono un fallito tentativo di recupero di droga, che non era arrivata a destinazione, da un container contenente crostacei. Il 7 novembre 2019 gli investigatori hanno sequestrato nel porto di Livorno 266 panetti di cocaina, per un valore di 15 milioni di euro, contrassegnati col marchio H, in un container di legname. Il giorno dopo sempre nel porto sono stati sequestrati altri 164 panetti per in totale di 430 chili di cocaina.
Nel gennaio del 2020 altri 22 chili di cocaina, prelevati da un presunto broker, sono stati sequestrati al porto di Vado Ligure.
Nell’agosto del 2019, nascosti nel bagagliaio della propria auto, uno dei dipendenti di una compagnia portuale di Livorno avrebbe fatto entrare nel porto due uomini di Gioia Tauro incaricati dalla ‘ndrangheta di recuperare un carico di cocaina da uno dei container arrivati dal Sud America.
“Eh ma non entro”, si lamenta uno dei due calabresi nel corso della conversazione intercettata nella vettura. “Entri, entri – gli risponde l’altro -, mettiti coricato, entrano le persone di due metri”.
In base alla ricostruzione della polizia, il portuale, Massimo Antonini, finito agli arresti insieme ai colleghi Mario Billi e Fabio Cioni, una volta passato il suo cartellino sarebbe entrato nell’area doganale del porto, e avrebbe individuato il container grazie alla indicazione fornite in precedenza da Cioni.
I due calabresi, vestiti con le pettorine dei dipendenti del porto, avrebbero poi forzato il lucchetto che chiude il container e sarebbero entrati, ma non avrebbero trovano la droga, che non era mai giunta a destinazione. Poco dopo sarebbero costretti ad andare via, sempre nascosti nel bagagliaio, per l’arrivo di altri lavoratori.
Quella sera stessa Mario Billi sarebbe stato inviato nel porto col compito di chiudere lo sportello del container che nella concitazione i malviventi avevano lasciato aperto, ma avrebbe rinunciato trovando sul posto pattuglie della polizia: “Erano lì, oh – racconta Billi in una delle conversazioni intercettate, pattuglie della polizia della finanza -. Io di andare lì vicino non me la sono sentita”.