Firmato, in piena crisi di governo, il decreto del ministro Bonisoli che pone fine alla Riforma Franceschini che prevedeva dei consigli di amministrazione autonomi per i musei italiani meritevoli di questo speciale trattamento. Direttamente interessati gli Uffizi e i Musei del Bargello.
Il decreto è partito dalle stanze del ministro Bonisoli, senza che venissero informati né i sindacati né il Consiglio superiore dei Beni Culturali, il 16 agosto, quando già la mozione di sfiducia era stata presentata dalla Lega e quando si sapeva già che il premier uscente avrebbe fatto la sua comunicazione in Parlamento il 20 agosto. A meno di modifiche da parte di un eventuale governo, il decreto entrerà in vigore dal primo ottobre.
Con l’abolizione dei consigli di amministrazione, finisce l’era dei bilanci approvati in loco, della programmazione culturale in capo ad una persona sola, dello snellimento delle procedure. Ora direttori di musei che con la precedente riforma erano autonomi, come Eike Shmidt per gli Uffizi o Paola D’Agostino per i Musei del Bargello, potranno si predisporre una previsione e un consultivo di entrate e uscite ma si tratterà di documenti che saranno approvati dalla Direzione generale bilancio e dopo l’acquisizione del parere del Collegio dei revisori dei Conti; per quanto riguarda il resto, saranno maggiormente vincolati, anche nelle scelte culturali, dai comitati scientifici.
Questo documento ridefinisce i diritti e i doveri dei direttori, dimezzando i primi e aumentando le competenze dei comitati scientifici che affiancano chi è a capo dei musei. Il direttore del museo, nella concezione della Riforma Franceschini, programmava, indirizzava e coordinava tutte le attività di gestione del museo: organizzazione delle mostre, importo del biglietto (sentita la Direzione generale Musei e il Polo museale regionale), stabiliva gli orari di apertura, promuoveva progetti di sensibilizzazione e raccolte fondi e gestiva gare di appalto per importi entro i 200 mila euro.
Con la Riforma Bonisoli il ruolo del direttore viene modificato: potrà adottare lo statuto del museo e effettuare modifiche a questo, acquisito però l’assenso del Comitato scientifico e del Collegio dei revisori dei conti; potrà elaborare il progetto culturale del museo, ma previa consultazione del Direttore generale musei e sempre con il supporto del Comitato scientifico e di valorizzazione, il programma di attività annuale e pluriennale del museo, verificandone la compatibilità finanziaria e l’attuazione; potrà ancora stabilire orari e prezzi dei biglietti ma con un maggiore controllo di Roma; inoltre non potrà bandire fare di appalto, che saranno gestite nella Capitale, e in quanto al bilancio, come precedentemente detto, verrà approvato al ministero.