Il giudice Fabio Frangini ha assolto i due professori dell’Università di Firenze accusati di peculato per oltre 1 milione di euro, perché il fatto non sussiste. Il processo si è svolto con rito abbreviato.
I due professori sono Claudio Borri, già direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’università di Firenze (difeso dall’avvocato Enrico Zurli), ed Elisa Guberti (difesa dall’avvocato Sandro Falciani), la project manager di alcuni progetti scientifici internazionali coordinati dallo stesso Borri.
L’accusa contro i professori era relativa a una presunta ‘non corretta’ rendicontazione di spese sostenute in tre progetti internazionali di ricerca finanziati dalla Commissione Europea.
Tutto era partito da un controllo effettuato da una società di revisione incaricata dalla stessa Commissione, che poi aveva chiesto all’Università la restituzione di quasi 300.000 euro di contributi versati. Una somma che l’ateneo fiorentino si era affrettata a restituire.
Ma il processo ha ribaltato le accuse anche grazie a una poderosa consulenza tecnica portata dalla difesa e che è stata curata dal commercialista Stefano Casagni.
Nella relazione è stata ricostruita nel dettaglio la correttezza della rendicontazione effettuata nell’ambito di progetti internazionali.
In particolare, secondo quanto emerso dai consulenti delle difese, per oltre 700.000 euro relativi ad un primo progetto si era trattato, infatti, di una contestazione frutto di un mero errore di lettura degli atti di indagine da parte degli investigatori, un errore materiale.
Mentre per gli altri 300.000 euro, relativi ad altri due progetti, il professor Borri aveva fin da subito contestato le conclusioni dell’audit, diffidando l’Università di Firenze dal restituire quelle somme alla Commissione Europea.
“Adesso – commentano i difensori Zurli e Falciani – Borri non intende fermarsi: qualcuno dovrà restituire all’ateneo fiorentino quei denari troppo frettolosamente rimandati a Bruxelles, e questo non sarà certo lui né la dottoressa Guberti, il cui operato è risultato esente da critiche”.
Lo stesso pm, Leopoldo De Gregorio, ha chiesto per primo l’assoluzione perché il fatto non sussiste.