La scoperta delel due galassie, pubblicata sulla rivista Nature, indica che l’universo primordiale è probabilmente molto più ricco di quanto sembri. Coordinata da Yoshinobu Fudamoto, della giapponese Waseda University, la ricerca ha un importante contributo italiano con la Scuola Normale Superiore di Pisa e l’Università Sapienza di Roma.
Riuscire a vedere le due galassie è stato possibile grazie al radiotelescopio Alma dell’Osservatorio Meridionale Europeo (Eso), che si trova a 5.000 metri di quota sulle Ande cilene. Le due Galassie si sono formate circa un miliardo di anni dopo il Big Bang, quando l’universo aveva raggiunto poco meno dell’8% della sua età La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, indica che l’universo primordiale è probabilmente molto più ricco di quanto sembri. Come nel caso delle due galassie appena scoperte, la polvere interstellare potrebbe celare intere popolazioni di galassie finora sconosciute.
Analizzando i dati, Fudamoto ha notato una forte presenza di polvere e carbonio ionizzato da zone dello spazio che precedentemente si ritenevano vuote. Quindi, con i colleghi della collaborazione ‘Rebels’ il ricercatore ha approfondito le ricerche di questi misteriosi segnali e ha scoperto così che provenivano da due galassie precedentemente sconosciute, non visibili nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto in quanto completamente oscurate dalla polvere cosmica.
E’ emerso inoltre che le galassie si sono formate più di 13 miliardi di anni fa e hanno caratteristiche simili a quelle di altre della stessa epoca, se si esclude la massiccia oscurazione dovuta alla polvere che esse stesse hanno prodotto: “un effetto – rileva la Scuola Normale di Pisa in una nota – che tipicamente si osserva solo per oggetti astronomici molto più evoluti”.
E’ emerso inoltre che le galassie si sono formate più di 13 miliardi di anni fa e hanno caratteristiche simili a quelle di altre della stessa epoca, se si esclude la massiccia oscurazione dovuta alla polvere che esse stesse hanno prodotto: “un effetto – rileva la Scuola Normale di Pisa in una nota – che tipicamente si osserva solo per oggetti astronomici molto più evoluti”. Il risultato, secondo la Normale, indica inoltre che “la presenza di questi due oggetti potrebbe essere solo la punta dell’iceberg dell’esistenza di una popolazione di galassie precedentemente sconosciuta agli astronomi”.
Per l’Italia hanno collaborato alla ricerca Andrea Ferrara e Andrea Pallottini, entrambi della Scuola Normale, Raffaella Schneider e Luca Graziani della Sapienza, associati all’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Il risultato, osseva Ferrara, “ci suggerisce che l’attuale censimento della formazione delle prime galassie è molto probabilmente incompleto e richiederà indagini più profonde. Le nuove strumentazioni porteranno a significativi progressi in questo campo nei prossimi anni”. Per Schneider “la scoperta di galassie così oscurate in un’epoca in cui l’universo è ancora relativamente giovane apre degli interessanti interrogativi sui meccanismi di formazione della polvere interstellare” .