Valigie con resti di coppia ritrovate a Firenze: un profilo di dna incompleto, appartenente a un uomo, è stato trovato sulla maniglia di una delle sei valigie dove erano stati nascosti i resti delle salme dei coniugi Shpetim e Tauta Pasho (scomparsi a Firenze nel 2015), ritrovate abbandonate in una striscia di campo fra il carcere fiorentino di Sollicciano e la superstrada Firenze-Pisa-Livorno.
E’ quanto emerge dalle analisi condotte dai carabinieri del Ris di Roma su incarico della procura di Firenze. Secondo quanto appreso, altre tracce di Dna miste, con
una componente maggioritaria femminile, sono state trovate dai carabinieri del Ris di Roma su 14 reperti presi nell’appartamento di Firenze, in via Felice Fontana, dove
secondo gli inquirenti sarebbe avvenuto il duplice omicidio.
L’inchiesta vede indagati il figlio della coppia Taulant Pasho, la sua ex Elona Kalesha e il fratello minore di lei Denis Kalesha. Secondo il difensore di Elona Kalesha, avvocato Fabio Febbo, l’assenza di un dna femminile sui manici dei trolley trovati nei pressi della superstrada confermerebbe che “le valigie con cui Elona fu vista uscire dalla casa di via Felice Fontana da alcuni testimoni non sono quelle che contenevano i cadaveri”.
Sempre secondo quanto sostenuto dal legale, non è escluso che le tracce di Dna trovate nella casa possano appartenere a soggetti estranei alle indagini, poiché dal momento della scomparsa dei coniugi e fino al 2020 l’abitazione è stata affittata a diverse persone. La comparazione col Dna degli indagati verrà effettuata in un secondo momento.
Shpetimi Pasho, albanese di 54 anni e la moglie Teuta, 52 anni, scomparvero entrambi nel novembre 2015 mentre erano in Toscana. Poi, alcune settimane fa, il ritrovamento dei loro resti in quattro valigie. Lui ucciso con una coltellata alla gola, è stato individuato dal Ris di Roma grazie alla comparazione dattiloscopica delle impronte digitali, ricavate dal documento che fece per il permesso di soggiorno, con un dito che fa parte dei reperti delle valigie abbandonate. Anche un tatuaggio su un braccio ha aiutato l’identificazione, non tanto per il nome della città di origine, Valona che c’è scritto, quanto per le prime tre lettere del suo nome Shpetmi, Shp incise nella prima epidermide. La donna, secondo i medici legali, sarebbe invece stata uccisa in un pestaggio dove venne strangolata.