Londra, un nuovo rapporto del World Wildlife Fund (WWF) e della Zoological Society of London, che ha analizzato anni di dati sul numero degli di animali selvatici che ci sono in tutto il mondo, ha riscontrato una generale tendenza al ribasso della biodiversità della Terra.
Inoltre, secondo il Living Planet Index, una metrica che esiste da cinque decenni, le popolazioni animali nel mondo si sono ridotte in media del 69% tra il 1970 e il 2018. Sempre secondo il rapporto del WWF, il quadro si presenta differente nelle diverse regioni del globo.
Non tutte le popolazioni animali sono infatti diminuite: in alcune parti del mondo si sono registrati cambiamenti più drastici di altri. Nonostante ciò, gli esperti affermano che la forte perdita di biodiversità è un segnale chiaro e preoccupante di ciò che sta per accadere al mondo naturale.
Sviluppo delle infrastrutture, produzione di energia e deforestazione: queste le principali cause emerse dal rapporto. A queste si aggiunge il cambiamento climatico. Lo studio infatti suggerisce che quest’ultimo, che sta già scatenando effetti ad ampio raggio sulle specie vegetali e animali a livello globale, potrebbe diventare la principale causa di perdita di biodiversità se l’aumento delle temperature non sarà limitato a 1,5°C.
Marco Lambertini, direttore generale del WWF Internazionale, ha affermato che le crisi intrecciate della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico sono già responsabili di una serie di problemi per l’uomo. Tra questi le migrazioni e le morti causate da condizioni meteorologiche estreme, la mancanza di accesso al cibo e all’acqua in molte zone del globo e l’aumento della diffusione di malattie zoonotiche, ossia quelle che possono essere trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo.
Per intervenire e prevenire i danni ambientali, i leader mondiali che si riuniranno a dicembre a Montreal in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità dovranno adottare misure importanti. Lambertini ha sottolineato come questa sia l’ultima occasione per fare qualcosa di concreto. Per il direttore livornese bisogna intraprendere azioni coraggiose, a volte anche drastiche, per raggiungere un futuro positivo. A poi lasciato al tempo il responso: con la fine di questo decennio si saprà se la lotta per le persone e la natura è stata vinta o persa.
Esistono delle soluzioni?
Un segnale di speranza ci sarebbe, sebbene non esista una cura immediata, gli esperti ritengono che esistano soluzioni concrete contro la perdita di biodiversità. Queste vanno dalla conservazione delle mangrovie a un sistema di baratto transfrontaliero in Africa, fino alla rimozione delle barriere migratorie per i pesci d’acqua dolce.
A queste macro-azioni si possono aggiungere dei piccoli ma significativi gesti che tutti possiamo apportare. Rebecca Shaw, scienziato capo del WWF, ha dichiarato in un’intervista che gli esseri umani hanno l’opportunità di cambiare il loro modo di agire a beneficio della natura cambiando i propri modelli di sviluppo. Attraverso piccoli gesti giornalieri è possibile cambiare la direzione di questo declino della popolazione.
L’America Latina e i Caraibi hanno registrato un’enorme perdita media di popolazioni del 94% e l’Africa un calo del 66%, mentre il Nord America ha registrato solo un calo del 20% e l’Europa e l’Asia centrale hanno visto le proprie popolazioni di animali selvatici diminuire del 18%.
Secondo il WWF, questa disparità potrebbe essere dovuta al fatto che gran parte dello sviluppo in Nord America e in Europa è avvenuto prima del 1970, anno in cui sono iniziati i dati sulla perdita di biodiversità.