Reagire a crisi economica, depressione sociale, neoliberismo e manipolazione dei media attraverso un liberatorio funk/post-punk tutto da ballare. E’ la sfida di The Overload, album di debutto dei giovanissimi Yard Act.
Anticipato da una manciata di EP, The Overload, dei giovanissimi Yard Act (da Leeds) è giĂ l’album di debutto in vinile piĂą venduto di qualsiasi band dell’ultimo ventennio. Crisi economica e depressione sociale, preoccupazione per le manipolazioni a mezzo stampa, una vaga pulsione allo scontro sociale in chiave antiliberista, sono le fonti ispiratrici di un post-punk danzereccio (da un suono forse troppo”pulito”) che sembra essere una formula comune alle nuove generazioni di musicisti d’oltremanica, una comunanza di intenti e stilemi musicali che potrebbe far pensare alla contestazione degli anni ’70 e ’80 nei confronti del governo di Margaret Thatcher.
«Il capitalismo crea l’illusione della libertà », spiega James Smith, frontman della band, «Ma in fondo siamo tutti animali, vogliamo cibo, calore, sesso, e il capitalismo ce li procura, così pensiamo che vada bene. L’intrattenimento arriva subito dopo e tutti abbiamo una tv a casa, piena di canali. La libertà non è a basso prezzo, la paghiamo in tanti modi e la domanda che ci poniamo nel disco è: come possiamo essere veramente liberi?».
Figli del blocco pandemico (durante il quale hanno composto a distanza i primi EP), nipotini di Fall e LCD Soundsystem, gli Yard Act manifestano attraverso un cinismo ed una ironia tutta britannica l’urgente necessitĂ ti scendere in strada e di tornare a una fisicitĂ relazionale.
Con The Overload riparte, dopo la pausa festiva e sanremese, la fortunata rubrica del nostro Disco della Settimana.