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Il 25 aprile in Toscana, tra la lettura del testo di Antonio Scurati fatto da Stefano Massini in una piazza della Signoria stracolma e la presenza del Capo dello stato per la commemorazione dei morti per la strage di Civitella in Val di Chiana.
Il servizio di Raffaele Palumbo.
«Se mi dichiaro antifascista? No, perché non ha senso. È solo un pretesto fazioso per continuare a dividere la società su cose che sono successe ottanta anni fa». Così il generale Roberto Vannacci, nel giorno della Liberazione e della sua candidatura alle europee per la Lega. Ecco, questo è il bello e insieme il significato profondo del 25 aprile: permettere anche ad un Vannacci qualunque di dire bestialità in piena libertà. Cosa avrebbe fatto senza la Liberazione? Dirigere la Risiera di San Sabba oppure marcire in galera dopo essere stato epurato per aver parlato di un mondo al contrario? Chi lo sa. Quello che di cui siamo certi è che il 25 aprile coinvolge tutti, anche quelli che lo criticano, lo ritengono divisivo, anche quelli che non sanno. Anzi, soprattutto quelli che non sanno e che pensano che la loro libertà sia derivata da un diritto divino. Anche quelli che non c’erano in piazza della Signoria a Firenze, gremita come mai, a sentire Stefano Massini leggere il testo di Antonio Scurati, anche quelli che non erano con il Presidente della Repubblica Mattarella a commemorare i morti della strage di Civitella in Val di Chiana, una delle tante, tantissime, commesse dai nazifascisti, tedeschi ed italiani, tra il ’43 e il ’45, anche quelli che ignorano la tragedia dei parenti delle vittime che ancora aspettano di essere risarcite, anche quelli che hanno inneggiato alla apertura di alcuni supermercati perché “il 25 aprile è la festa dei comunisti”. Ignoranti di tutto il mondo, unitevi, dopo il 25 aprile siete liberi anche voi.