Lun 25 Nov 2024
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Dieta chetogenica, lo studio dell’Università di Pisa. Rischio stress del “sentirsi meno italiano”

Secondo uno studio dell’Università di Pisa, chi sceglie di fare una dieta chetogenica va incontro a stress, in particolare quello di “sentirsi meno italiano”

Chi sceglie di fare una dieta chetogenica, riducendo radicalmente il consumo di pasta va incontro a un primo stress da gestire: quello di sentirsi meno italiano. Lo rivela uno studio di Matteo Corciolani, docente del dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, pubblicato su Journal of Business Research, che ha analizzato emozioni e comportamenti dei consumatori che, per motivi di salute, adottano questo regime alimentare basato soprattutto sull’assunzione grassi.

La dieta chetogenica è un regime alimentare che riduce in modo drastico i carboidrati, aumentando di contro le proteine e, soprattutto, i grassi. Lo scopo principale di questo sbilanciamento delle proporzioni dei macronutrienti è costringere l’organismo a utilizzare i grassi come fonte di energia.

Si avvia quindi un processo chiamato chetosi, che si raggiunge, nella maggior parte dei casi, dopo un paio di giorni con una quantità giornaliera di carboidrati di circa 20-50 grammi.

Non va dimenticato, però, che la chetosi è una condizione tossica per l’organismo, in quanto provvede allo smaltimento dei corpi chetonici attraverso la via renale.

Oggi il successo della dieta chetogenica è legato soprattutto alla sua efficacia nel ridurre il peso. Ma è importante sottolineare che non si tratta di un regime semplice da seguire: basta infatti ingerire anche pochi grammi di carboidrati in più per indurre l’organismo a bloccare la chetosi e a utilizzare di nuovo la sua fonte energetica preferita, cioè gli zuccheri, sintetizzabili più velocemente.

Chi ha seguito questa dieta, che in genere viene proposta per periodi brevi, dichiara di avere una grande energia una volta raggiunto lo stato di chetosi,  ma  patendo sintomi quali nausea, stitichezza, stanchezza e difficoltà respiratorie nei giorni che precedono questo evento.

Inoltre non ci sono prove che, sul lungo periodo, i risultati ottenuti siano migliori e più duraturi di quelli raggiunti con una dieta bilanciata.

Il cambiamento che induce ad un’assunzione centellinata di carboidrati, che devono occupare una percentuale bassissima, è ciò su cui si sviluppa lo studio del professore Corciolani, secondo il quale “ciò implica una rivoluzione nel modo di mangiare, soprattutto per noi italiani, visto che in altri Paesi, meno abituati ad esempio ai nostri primi piatti, il cambiamento è avvertito e vissuto in modo molto meno traumatico”.

Lo studio, spiega una nota dell’ateneo, “si è basato su un’impressionante mole di dati proveniente dall’attività degli utenti del gruppo Fb Chetogenesi, circa 900 pagine di contenuti monitorati per sette anni, a cui si sono aggiunte interviste più approfondite a dieci componenti del gruppo e un’analisi di contesto sui media attraverso la banca dati LexisNexis, che comprende i principali giornali e periodici italiani anche on line”.

Le interazioni, continua la nota, “hanno rivelato il ruolo fondamentale della componente emotiva con l’affiorare di tre sentimenti: tristezza nel dover abbandonare cibi amati, ansia legata alla paura che la dieta chetogenica in realtà non sia sana per la quantità di grassi da assumere, e rabbia perché qualche volta i risultati sperati tardano ad arrivare”.

 

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