Il “colossale business” della criminalità organizzata cinese a Prato è diventato un argomento che interroga i massimi livelli della giustizia e della politica italiana. Il procuratore di Prato Tescaroli insiste sulla portata del fenomeno mentre quello di Napoli Nicola Gratteri non concorda sull’apertura di un ufficio della direzione investigativa antimafia a Prato.
Audio: servizio di Giorgio Bernardini
“Non serve parcellizzare gli uffici perché così facendo si tornerebbe alle procure circondariali”. Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, nelle scorse ore a Prato per incontrare gli studenti in occasione dell’apertura della rassegna di cultura e lettura ‘Un Prato di libri’, si è espresso negativamente sull’ipotesi di costituire una sezione della Direzione distrettuale antimafia a Prato. La proposta, di cui si discute come abbiamo raccontato da alcuni giorni in città, era nata da una richiesta esplicita dei parlamentari Chiara La Porta e Francesco Michelotti, entrambi di FdI, in risposta alle numerose occasioni che hanno evidenziato la presenza di un fenomeno criminale organizzato cinese nella città toscana.
Il progetto di una Dda pratese, tra l’altro, era stato rilanciato anche dal procuratore di Prato Luca Tescaroli, che arriva proprio dall’esperienza distrettuale a Firenze. Ma Gratteri, chiamato ad esprimersi dai cronisti, spiega di essere di parere opposto: “Più parcellizzi gli uffici più aumenta la spesa e meno si lavora a regime. Se a Prato c’è la mafia, – aggiunge Gratteri – basta la Dda di Firenze per fare le indagini”.
Tescaroli nel weekend è stato nel frattempo protagonista di un’ intervista esclusiva al Tg1, nel corso della quale ha denunciato nuovamente “l’escalation criminale” e ha chiesto di investire “con uomini e mezzi negli organici della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, sottodimensionati” per affrontare quella che è a tutti gli effetti una questione nazionale. “I proventi di questo colossale business – dice il procuratore di Prato- vengono alla fine drenati e fatti rientrare in Cina come contanti, o criptovalute”.