Vincenzo Martinelli, la prima delle 5 vittime che sono state riconosciute nel disastro del 9 dicembre a Calenzano, non si sentiva al sicuro al lavoro. Era uno degli autisti delle autocisterne che sono andate a fuoco nell’esplosione: ave 51 anni e molti amici nel centro storico di Prato, dove abitava. Con loro si confidava. E sempre più spesso lamentava le sue preoccupazioni sulla sicurezza.
Aveva paura. Lo diceva sempre più spesso ad amici e conoscenti, lo avrebbe anche fatto presente e scritto alla ditta per cui lavorava, la Bt Trasporti di Pomezia. Vincenzo Martinelli è stata la prima delle 5 vittime ad essere riconosciuta nel disastro del sito di stoccaggio Eni di Calenzano. Il 51enne originario di Napoli e da molti anni residente a Prato, “aveva molti dubbi sulla modalità delle procedure che caratterizzano il suo lavoro in strada, oltre che sui punti di distribuzione del carburante”, racconta il suo confidente maggiore. Ed era spaventato, in generale, dai rischi che vedeva crescere nel suo mestiere: l’autotrasportatore di carburanti. Le sue preoccupazioni crescenti sono state condivise con gli amici del centro storico di Prato, dove abitava in un appartamento in vicolo dei Bocchineri.
“Vincenzo – spiega uno di loro – era un fiume in piena. La sicurezza sul lavoro era uno dei suoi argomenti preferiti, nonostante per quanto ne sappiamo non aveva mai registrato incidenti personali. Non smetteva mai di ripetermi quanto poco si sentisse al riparo dai rischi mentre era sul camion. Il suo lamento era una costante, tanto che io stesso, più volte, l’ho invitato ad agire cambiando mestiere”. I testimoni di questi sfoghi preferiscono rimanere nell’anonimato, vista la condizione di delicatezza dell’argomento.
Martinelli avrebbe dunque fatto presente all’azienda per cui lavorava quali fossero i suoi timori, sottolineando “anomalie riscontrate sulla base di carico”. Certamente la procura di Prato indagherà per approfondire le sue proteste formali. Ed eventualmente quali siano state le risposte arrivate dall’azienda laziale, che per ora – interpellata – preferisce non commentare. “Provo tanta rabbia – dice ancora il suo amico più fidato -, una volta Vincenzo mi ha detto che con questo tema aveva dei problemi e un’altra volta ancora mi ha confidato che si era preso anche del tempo per riflettere se continuare a fare questo mestiere. Forse – dice ancora ancora l’amico – si sentiva qualcosa dentro, forse avrebbe dovuto fermarsi, questo non lo sapremo mai”.